Caveau: In

Esce il primo disco dei pesaresi Caveau, quartetto sorretto dalla vocalist Valentina Clizia con dieci brani di pop rock e wave dal suono aggressivo e un onesto lavoro di songwriting

Caveau

In

(Alka Record)

pop, wave

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Caveau- InPesaro e le Marche sono forse la mia meta turistica preferita qui in Italia e quando esce un disco di qualche artista della zona mi riempie un certo affetto. Dopo il buon rock dei Revenge e la tentennante sperimentazione dei Versailles, quest’anno è il primo album dei Caveau, In, che sa colpirmi per le sonorità rock essenzialmente pulite, l’atmosfera darkwave e le liriche di contrassegno pop.

In poco più di un anno e mezzo di attività dalla sua fondazione, il gruppo sembra molto determinato, lavorando sulle canzoni convinto dei propri mezzi, riuscendo a pubblicare un proprio album di debutto. L’avvio di Anti-gone è risolutamente traboccante e travolgente, e come in A.D. in questo disco alcune soluzioni elettriche imposte sono belle cariche e di effetto. Tiziano Casabianca depura i sound della chitarra ricamando semplici riff (Fuggi dall’Incubo Giallo, John Doe) e giochi di arpeggi ipnotici (Luci da Fermo).

La voce di Valentina Clizia è amabile e squillante, anche se personalmente faccio fatica ad apprezzarne l’intonazione cadenzata in tutto il disco perché mi lascia la sensazione che tutto sia stato eseguito allo stesso modo, ma in canzoni come Nebbia Nera bisogna riconoscere che è capace di avvolgersi dalla melodia picchiando in maniera ammaliante come un arazzo onirico. Entra e Bicchieri Vuoti sono per esempio due bei biglietti da visita sul meglio che riesce a dare la band.

Sebbene qualche brano come Revolution Love e Non Ho Sete non convincano molto, oscillando a mezz’aria come in uno stravagante gioco di immagini deformanti, il comparto ritmico dei Caveau non presenta nulla di nuovo, laborioso o di inesplorato ma è bravo nell’utilizzare suoni asprigni dove occorre. I testi tuttavia non lasciano il segno, per ora lontani da un cantautorato di tutto rispetto.

Non aver scellerato il tutto con delle tastiere è ben gradito, poiché la naturalezza rock di In a conclusione dell’ascolto rimane invitante. Tendenzialmente il livello del disco è sufficiente per conseguire una certa visibilità e sono convinto che i quattro pesaresi riusciranno a ritagliarsi un po’ di spazio limando qua e là le piccole lacune per godere di una popolarità maggiore, rispetto ad altre realtà che abbiamo visto passare in redazione.

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Luca Paisiello
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