Starving Pets: recensione di No Shake, No Feels

Andrea Sassano - aka Starving Pets - si riaffaccia sulla scena underground con l'esordio solista No Shake, No Feels, un concept introspettivo a tinte malinconiche che esprime la necessità utopica di azzerare tutto e ripartire daccapo.

Starving Pets

No Shake, No Feels

(Dead End Street Records, Marsiglia Records, Coypu Records)

dream-gaze, alternative rock, shoegaze

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Nessuna scossa, nessuna emozione.

Nell’Iliade, Omero, attraverso le parole di Apollo, fa riflettere sulla condizione precaria degli uomini: “mortali meschini, simili a foglie, che adesso crescono in pieno splendore e tra poco imputridiscono esanimi”.

A distanza di sette anni dall’ultima pubblicazione coi suoi Farmer Sea (band attiva nel circuito indipendente italiano dal 2004 al 2016), il polistrumentista Andrea Sassano torna con il progetto solista Starving Pets, mandando alle stampe il suo album d’esordio intitolato No Shake, No Feels, rilasciato da Dead End Street Records, Marsiglia Records e Coypu Records e anticipato dall’uscita del singolo Bag Full Of Leaves.

Avvalendosi del prezioso sodalizio con il batterista Francesco Alloa e poggiandosi sulla produzione di Manuel Volpe, Andrea Sassano aka Starving Pets si riaffaccia sulla scena underground contemporanea realizzando un concept introspettivo dalle tonalità malinconiche, intime, poetiche e chiaroscurali, ponendo al centro della sua narrazione umorale tematiche filosofiche come la caducità della vita (Nothing Stays) e il senso di apatia e alienazione derivante dalla ripetitività dei giorni tutti uguali, dal non riuscire a separarsi dai ricordi ormai consumati del passato.

Quella tra l’uomo e le foglie (Bag Full Of Leaves) è diventata una delle similitudini letterarie più utilizzate per rappresentare l’obsolescenza della vita umana. Scrittori e poeti, nel corso del tempi, hanno personalizzato e adattato questa metafora a contesti e significati diversi, paragonando le nostre esistenze alle stagioni – brevi e transitorie – che permettono il rigenerarsi delle foglie.

 

Rievocando sfuggenti istantanee radioheadiane, tra ambientazioni espansive di fattura dream-gaze, fraseggi folk-elettroacustici alla Wilco e un andamento timbrico delicato e avvolgente, Starving Pets cerca di svelare lentamente il mood epidermico che caratterizza No Shake, No Feels, manifestando quel tentativo di divincolarsi dalla marcatura asfissiante di un’attualità sempre più barricata nell’immobilismo degli psicodrammi quotidiani, quando attraverso immagini in bianco e nero che sembrano uscire dalla raffinata sensibilità estetica di Robert Mapplethorpe, quando rifugiandosi nelle stanze notturne di Sparklehorse e Tindersticks.

Così, cresce il desiderio interiore di volersi estraniare dalle distorsioni emotive del mondo esterno e assicurarsi asilo altrove, in quel “place to be” tanto caro alla memoria di Nick Drake, sentendosi più al sicuro in un luogo chiuso, magari tra le mura della propria comfort zone casalinga (Indoors), oppure all’interno di un terminal aeroportuale, mentre osserviamo gli altri partire per destinazioni sconosciute, osservando le frenesie della società contemporanea defilarsi davanti agli occhi.

Dinamiche che spesso sfociano nella necessità – leggasi urgenza – di azzerare tutto e ripartire daccapo (fosse così semplice…), nello sforzo di sottrarsi alle rotte inquiete del proprio vissuto, auspicando nuova pace nel sonno e una prospettiva differente rispetto al proprio asse di rotazione. “It’s a good day, to restart. Everything. From scratch”.

facebook/starvingpets

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