TesseracT
War Of Being
(Kscope)
neo-progressive metal, atmospheric rock, crossover, groove metal, emocore, ambient darkwave, djent, post-rock
[voto 3.9]
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A distanza di cinque anni dal precedente Sonder e a tre dalla pubblicazione del live album Portals, la prog metal band britannica TesseracT manda alle stampe il suo nuovo sforzo discografico intitolato War Of Being, edito per Kscope in concomitanza con l’uscita dell’omonimo videogame.
Un concept fantascientifico incentrato sui personaggi di “Ex” ed “El” che si scontrano nella realtà virtuale di Strangeland. L’astronave Dream precipita e i due protagonisti si ritrovano catapultati in questo mondo immaginario nel quale dovranno affrontare sia se stessi sia un nemico noto come “Fear”.
Il focus narrativo di War Of Being ruota attorno alla cecità etica dei nostri giorni e ai conflitti interiori che da sempre attanagliano l’esistenza dell’essere umano, perennemente in lotta tra il bene e il male, tra luce e oscurità, contro certi demoni impossibili da scacciare. Così, nell’eterna ambivalenza emotiva di elementi contrastanti tra real life e fantasy, elemosiniamo brandelli di gratificazione effimera (“all you need is instant gratification, you desire nothing more”), coltiviamo un’immaginario fuorviante in cui i nostri ricordi lentamente svaniscono a favore di un futuro venduto sotto mentite spoglie (“tear the mask away, breath another way”) e assecondando, come automi senzienti, le dinamiche alienanti di una società sempre più dominata dalle nuove intelligenze artificiali.
È in questa duplicità di stati d’animo, tra separazione e ricongiungimento (“Will you run away? Or will you fight and stay?”), tra materia e dissolvenza, tra eroismo e meschinità, tra speranza e disperazione, tra tensione muscolare e rilascio sensoriale, che i TesseracT (Daniel Thompson, Alec Kahney, James Monteith, Amos Williams, Jay Postones), in veste consolidata di alfieri del prog-metal di nuova generazione, si fanno carico di un malessere condiviso e vissuto di riflesso per interpretare il disorientamento dell’uomo moderno, proiettandoci nei suggestivi scenari audiovisivi di War Of Being attraverso una ricchezza compositiva che, nella mutevole sinergia tra maturità stilistica e urgenza espressiva, conferisce ai nove brani della release un’ampiezza drammaturgica dai toni epici e dai dolorosi e introspettivi spazi testuali.
Un crossover evocativo che si manifesta tanto nel parossismo tecnico-esecutivo del djent quanto in ambientazioni sospese su dilatazioni spettrali dark ambient in dissolvenza: un’architettura fonica in cui confluiscono densi e intricati ricami onirici (a tratti post-rock) che ben si armonizzano alla pasta timbrica di Daniel Thompson, quando mediante modulazioni intime e melodiche di fattura clean (come nelle ballad malinconiche, chiaroscurali e struggenti di Tender e Sirens) quando invece sviscerando rabbia brutale per mezzo di scream famelici.
Atmosfere ansiogene “quiet and loud” di korniana memoria fanno da cornice scenografica a sonorità cupe e levigate, mentre la potenza monolitica e granitica dei riff incrocia percussionismi marziali e certo groove metal di rimando Tool prima maniera (Natural Disaster).
Ci troviamo, dunque, di fronte a linee di confine sempre più indefinite, a scelte sempre più difficili, a distanze emozionali che sembrano incolmabili e soprattutto alle prese con un nemico invisibile (possibile analogia con il periodo della pandemia) che risiede proprio in noi stessi (“I’ve been living life in monochrome, I’m the grey upon the sea”). Ed è per tale ragione che, al netto dei sogni infranti e nonostante l’amara rassegnazione all’atavica imperfezione dell’essere umano, l’unica alternativa è saper rintracciare una forza interiore, o un cervo sacrificale, che riesca a domare quel nemico – quella “paura inoculata”, come direbbe Maynard James Keenan – piuttosto che ucciderlo.
War Of Being
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