The Black Heart Procession
Roma, Init, 25 maggio 2010
live report
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E’ sempre un piacere incontrare Pall Jenkins e Tobias Nathaniel, le due anime dei Black Heart Procession. Li conosco personalmente da dieci anni e non li ho mai visti privi del loro sorriso, della passione con cui continuano a suonare le loro canzoni e del piacere con cui si fermano a parlare con i fans, da loro più volte definiti come “nuovi e vecchi amici che lasciamo in ogni città in cui ci fermiamo a suonare”.
Pall mi confessa una certa stanchezza: sono agli sgoccioli di un lungo tour, mancano ancora Istanbul e Atene e poi un mese e mezzo di vacanza, prima di alcuni festival in nord Europa.
Tobias, da parte sua, sembra decisamente più in forma rispetto all’intervista che avevamo avuto a dicembre; si scusa ancora per quel pomeriggio e mi confessa che era reduce da una sbornia e da sole tre ore di sonno. Stasera, invece, dopo il concerto è bello vispo nonostante tutto l’alcol in corpo e mi racconta che al di fuori dei Black Heart Procession sta lavorando con un nuovo socio alla composizione di colonne sonore per documentari, jingle e video in genere e che hanno messo su uno studio di post-produzione audio.
Svincolati dalla “necessità” di fare un concerto strettamente promozionale del nuovo album, Six, come invece era avvenuto a dicembre, stanotte i Black Heart Procession si lasciano andare a una specie di greatest hits live, pescando due-tre canzoni da ogni album, provocando brividi in abbondanza quando sono solo Pall e Tobias a dividersi il palco, con sega a nastro e pianoforte, e non risparmiando sincere e profonde emozioni quando suonano in quattro.
Stavolta non c’è il polistrumentista Matthew Resovich (violino, tastiere e percussioni), impegnato in pianta stabile con gli Album Leaf dell’amico (dei BHP) James LaValle. Ma i “nostri” se la cavano alla grandissima lo stesso, caricando Tobias di un po’ di lavoro in più.
The Letter, Tangled, The Waiter, Heaven and Hell, Not Just Words, Guess I’ll Forget You: sono solo alcune delle canzoni che hanno strappato applausi e brividi di piacere al pubblico dell’Init, ridotto a una specie di forno dalla folla e dalla calda notte romana. Il palco è sempre nella semi oscurità, illuminato al minimo in soluzioni mono-colore, ora in rosso e ora in blu. Sulla platea il buio nero come la pece, squarciato dai bagliori di luce proiettati dalle anime dei presenti, ancora una volta rapite dall’indie-blues-folk dei Black Heart Procession.
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