Ros: recensione di Allegria Maldistribuita

Tra capigliature fucsia, straccali vintage e camicioni alla Billie Eilish, il trio toscano Ros riparte ufficialmente da Allegria Maldistribuita, sfoggiando sia la muscolatura estetica delle distorsioni di estrazione garage rock, sia le sfumature melodiche e introspettive dell'indie pop.

Ros

Allegria Maldistribuita

(Ada Music Italy)

alt-rock, punk rock, garage rock, emo-rock

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Ros Allegria MaldistribuitaDopo aver raggiunto la semifinale di X Factor 11 nel 2018 e aver collaborato con Manuel Agnelli e Divi dei Ministri, il power trio toscano Ros pubblica il suo primo album intitolato Allegria Maldistribuita, edito per Ada Music Italy e anticipato dall’uscita dei singoli NormoSuper e La Ricetta.

Con alle spalle una discreta attività live che li ha visti aprire per nomi illustri quali Afterhours, Bad Religion, Papa Roach, A Perfect Circle e Marilyn Manson, il progetto Ros, nato a Montepulciano nel 2015 da Camilla Giannelli (voce, chitarra elettrica), Lorenzo Peruzzi (batteria, seconda voce) e Kevin Rossetti (basso elettrico) presenta un profilo stilistico più strutturato e maturo rispetto agli esordi, mostrando una certa lucidità autoreferenziale e quel desiderio di emergere da quel sottosuolo underground a visibilità limitata, ma senza concedersi pienamente alla fugacità compromissoria di certe influenze della contemporaneità.

Nella loro composizione essenziale e alternative, tra capigliature fucsia, straccali vintage e camicioni alla Billie Eilish, i poco più che ventenni Ros ripartono ufficialmente da Allegria Maldistribuita per esprimere, con istintività, disillusione, irriverenza e sarcasmo, la propria urgenza scritturale, il proprio disagio interiore e quello che loro stessi descrivono come inferno della normalità (NormoSuper), facendo leva su sonorità elettrificate e amplificate dalla forza comunicativa e volumetrica delle chitarre, nell’attesa di poter riabbracciare la dimensione emotiva dei concerti dal vivo, al momento in standby a causa dell’emergenza Covid.

In questo nuovo capitolo discografico, la band capitanata da Camilla Giannelli, con l’obiettivo di arricchire il proprio spartito genetico, sfoggia sia la muscolatura estetica delle distorsioni di estrazione garage rock, sia le sfumature melodiche e introspettive dell’indie pop, esibendo ritmiche incalzanti che rievocano (e rivendicano) quel mood calligrafico ascrivibile a certo underground tricolore di sponda Fast Animals and Slow Kids, Prozac + e Sick Tamburo.

 

Un immaginario umorale che si produce attraverso le dieci tracce graffianti, viscerali, malinconiche e cantate in italiano di Allegria Maldistribuita, mediante un linguaggio schietto ed euforico con il quale i Ros si focalizzano sulla ricerca di una ricetta che serva a mitigare l’idiosincrasia nei confronti delle finzioni della socialità, delle manipolazioni mediatiche, degli schemi convenzionali e di certe solitudini virtuali che finiscono per soffocare creatività e identità.

Ne scaturisce, quindi, la necessità di recuperare una presunta integrità, un centro di gravità permanente e un parziale equilibrio che riesca a ridestare tutti quei sogni ad occhi aperti ormai finiti in prescrizione: da un lato, cercando di dare una forma all’entropia del presente, andando oltre la superficialità delle apparenze, dall’altro cedendo serenamente al fatto che alla fine nulla potrà mai essere del tutto sotto il nostro controllo. E che, dopotutto, quella sensazione di non sentirsi sempre adeguati alle circostanze non è per forza sinonimo di debolezza e alienazione, ma semplicemente voglia di abbandonarsi all’idea che ogni cosa abbia una fine, e ogni tanto, perché no, al desiderio catartico (e liberatorio) di mandare tutto e tutti affanculo.

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