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Mitch And The Djed: recensione di Life

Con il nuovo EP Life, i Mitch And The Djed esplorano temi universali come l'amore e il tempo che scorre, dando vita a una narrazione intima e nostalgica di matrice country blues.

Mitch And The Djed

Life

(R)esisto Distribuzione

rhythm’n’blues, country blues, dark folk, cantautorato rock, country ballad, psych blues, northern blues

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A distanza di ben otto anni dall’esordio con l’album Spanish Blues, i Mitch And The Djed tornano sulle scene della discografia underground con il nuovo EP intitolato Life, edito per l’etichetta (R)esisto Distribuzione e anticipato dall’uscita del singolo Early Morning Blues.

Sull’onda di una nostalgica retrospettiva che riconduce alle radici del country blues e del cantautorato rock americano, il collettivo bresciano – composto da Massimiliano Maffeis “Mitch”, voce, chitarra e testi, Stefano Bonetti alla batteria, Giampietro Maccabiani alla chitarra elettrica ed Emanuela Cantoni ai cori – si sofferma sulla vita in tutte le sue direzioni e i suoi molteplici aspetti, indugiando su temi universali come l’amore, la fragilità dei sentimenti e le conseguenze delle scelte fatte.

Girato in Super 8 e realizzato dal leader del gruppo Massimiliano Maffeis, Life è una sorta di autobiografia che fluisce attraverso appunti di vita e l’espressione consapevole dell’oggi, oscillando tra sogno e realtà (“early morning when you’ve got to get up, early morning when your dream’s breaking up”), con il pensiero costantemente rivolto alle rughe del tempo, alle lancette dell’orologio che scorrono inesorabilmente – come raffigurato nell’artwork di copertina.

Storie che si consumano prendendo coscienza del proprio tempo e dei cambiamenti, nelle cadute e le risalite, negli incontri e gli addii, ma soprattutto nel riuscire a riconoscere gli affetti davvero importanti (“I wanna share my things, I wanna show my love, I wanna stay with you”).

Per quanto riguarda il riscontro tra suoni e atmosfere, si va dal country-blues di Early Morning Blues, quasi a rievocare gli America di A Horse With No Name, alla delicatezza di ballad folk dal mood agreste in You’re Looking At Me, passando per la strumentale Greis, canzone che Massimiliano Maffeis dedica a sua moglie Griselda, e in generale a tutte le persone che si sostengono nonostante le sfide e gli ostacoli da superare, mentre Blackbird riflette su quelle circostanze della vita che prendono il volo per sempre (“black bird bye, I’m going to leave my home”) e da cui dobbiamo distaccarci.

Golden Ring in The Cemetery – con tonalità oniriche di rimando Velvet Underground che sfumano verso le note malinconiche di un pianoforte – si raccoglie attorno al mistero della morte, al capolinea del nostro viaggio, a quel passaggio da materia a spirito che cede il testimone all’ignoto.

Una saracinesca che si abbassa e mostra l’eco del tempo e tutto ciò che hanno rappresentato luoghi e persone, lasciando spazio all’immaginazione di ognuno nella bonus track Consonno, dove è possibile abbandonarsi ai bagliori argentei e alla fluidità melodica di una dimensione folk-blues-psichedelica.

Così, mescolando passione e vulnerabilità, i Mitch And The Djed mostrano quel bisogno interiore di immaginare situazioni più rassicuranti, soprattutto quando la velocità di certi momenti svanisce per trasformarsi in quella lentezza consolatoria che permette di collezionare ricordi.

facebook/Mitch And The Djed

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