Zen Circus: recensione di L’ultima Casa Accogliente

Arriva l’undicesimo album in studio per gli Zen Circus - L’ultima Casa Accogliente - raccontando della ricerca del nostro rifugio interiore.

Zen Circus

L’ultima Casa Accogliente

(Woodworm, La Tempesta Dischi)

indie rock

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Zen Circus recensione album 2020Ci sono album che aspetti da tempo, soprattutto in un periodo drammatico come quello che stiamo vivendo, e che vuoi condividere con le persone a te più care. Non vedi l’ora di ascoltarci insieme un bel disco, come L’Ultima Casa Accogliente degli Zen Circus, e di condividerne le emozioni. Ti ritrovi con la voglia di uscire di casa e di incontrare gli amici con cui confrontarsi su queste canzoni, magari abbracciati insieme ad un concerto, e invece devi rimanere confinato tra quattro mura con “il fuoco in una stanza” a causa di imprevisti, una “terza guerra mondiale” invisibile combattuta contro una vita da rifare, e sopravvivere dipende solo da te.

L’undicesimo disco degli Zen Circus capita proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di quella sana e buona musica nata dal cuore, perché Andrea Appino è uno scrittore sincero, diretto, capace di penetrare nell’anima (che invece conta) con le sue storie che parlano di te. E la prima cosa che senti quando parte la prima delle 9 tracce, Catrame, è a sorpresa la sola voce di Andrea che canta una strofa, senza alcun strumento di accompagnamento: “Io sono nato in una casa fatta di catrame negli anni in cui fumare incinta non faceva alcun male, il fumo entra nei polmoni e nei polmoni rimane, come il tumore che vorrebbe uccidere mio padre”. Ti scuote una schitarrata da questo sortilegio e il cantato prosegue su un pezzo trascinante che diventerà sicuramente una di quelle canzoni sempre in scaletta nei prossimi anni.

Il tema della Casa riporta alle gabbie esistenziali cantate nei brani di questo disco, quelle da cui si vorrebbe fuggire, ma anche a quel posto accogliente che fa da rifugio, nel conforto familiare tra le pareti di un’amicizia speciale o di un amore scoperto nell’anno più difficile della propria esistenza, come cantato da Appino nella title track dedicata alla sua compagna Elena “Dici che la musica serve a far tacere le persone. E niente, sei il mio continente, l’ultima casa accogliente”.

“Più suonato che pensato, più bene di conforto che prodotto, questo disco è musicalmente il più libero che abbiamo mai fatto”, dichiarano gli Zen candidamente. In queste storie ci sono immaginari salti nel tempo in cui si torna indietro ad incontrare la propria madre per offrirle un cordiale in Ciao Sono Io, o avanti nel 2050 proiettandosi avanti di trentanni, immaginando come può essere la vita tra due persone che possono a volte abbaiarsi come cani, ferirsi ma anche vivere felici, mentre “la guerra che hai dentro è una passeggiata fra la vita vissuta e quella raccontata”.

Ognuno avrà dei brani preferiti tratti da questo album, non si può non apprezzare la struggente Non dominata al pianoforte, “sei una ferita aperta dentro cui viaggiare, tu non mi abbandonare”, l’affascinate Come se Provassi Amore che inizia raccontando una crescita e “una storia che vivi e poi racconti, ma non la puoi cambiare”. Senza dimenticare la meravigliosa Appesi alla Luna, primo singolo pubblicato dalla band in cui partecipa alla chitarra anche Motta, che racconta delle nostre solitudini dettate dalla distanza dovuta a barriere mentali, pregiudizi, paure, con quel belissimo verso “Ah, guarda quanta gente, perché mai dovresti esser tu importante? Siamo accendini senza sigarette”.

Andrea, Ufo e Karim percorrono musicalmente la traccia sonora consolidata negli ultimi dischi, con brani sempre più evocativi in un songwriting autorale, smorzando l’indole punk che tratteggiava i primi lavori. Segno di un percorso rinnovato, rimanendo pungenti nei testi ed emozionali nelle liriche, lanciando riflessioni lucide agganciate ad armonie orecchiabili.

Sito web: zencircus.it

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Luca Paisiello
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