Verbal: recensione disco omonimo

Il disco d'esordio omonimo dei Verbal è composto da sei tracce particolari e interessanti, un sound che va dal noise al post-rock che merita sicuramente più di un ascolto

Verbal

s/t

(Cd, Neverlab)

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E’ uscito il disco d’esordio dei Verbal, band bergamasca attiva ormai dal 2009. Il disco omonimo è composto da sei tracce, registrate in presa diretta, sostanzialmente strumentali, rumorose, complicate ma nelle quali è chiaro un equilibrio, un filo conduttore.

Non è semplice davvero definire il sound dei Verbal: lo si potrebbe definire un noise-post-rock, graffiante e cattivo, ma talvolta anche silenzioso e introspettivo. Certamente il miglior modo per farsene un’idea è ascoltare l’album.

Anche perché, e questo lo si veda come un merito, i brani benché assolutamente diversi, sia come influenze che come sonorità, danno nel loro complesso una coerenza all’album che rende il sound a posteriori riconoscibile e unico. Che possa piacere o meno è un altro discorso.

Con questo voglio dire che la parte di me che rimane oggettiva dice che comunque si sta parlando di un album particolare, che merita un interesse e più di un ascolto almeno per premiare la ricerca sia di soluzioni compositive che di sonorità alternative. La parte soggettiva, più emozionale è rimasta però con un sapore in bocca di incompiuto, di un ascolto che non finisce, per così dire, o che non riesce a rapire fino in fondo, stancando alla lunga.

Ma signori, si parla pur sempre di un disco d’esordio e allora godiamoci il rock dei Verbal permettendoci anche di immaginare, o di sperare, su quale strada continuerà a svilupparsi la loro arte e aspettando la risposta dalle loro voci campionate, dai loro sintetizzatori, percussioni e distorsioni.


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