The Selfish Cales: Haapsalu

Nuova formazione e nuovo sound per i The Selfish Cales, con il loro progressive rock del nuovo album Haapsalu

The Selfish Cales

Haapsalu

(Volcano Records)

progressive rock

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Questo terzo disco autoprodotto dei The Selfish Cale, Haapsalu, è un ascolto molto variegato e piacevole. Si tratta di una formazione torinese vicina a tematiche prog rock anglosassoni distese su poco più di 50 minuti. Per loro, con una line up rinnovata con il solo Andy unico membro originario sopravvissuto alla chitarra e voce, è anche un cambio di rotta rispetto ai precedenti lavori garage-psych.

 

Il quartetto si presenta con Baltic Memories scartabellando tre anni di lavoro culminati con 9 brani non lineari riversati dalla locomotiva a vapore raffigurata in copertina. Un treno rock il cui titolo del disco proviene da quello di un paese estone visitato qualche tempo fa, imprimendo un ricordo indelebile senza lasciarsi contaminare dalle sonorità di quelle parti.

Come capita con certi viaggi, accompagnati da playlist condivise tra un’escursione e l’altra in Estonia, ecco che in sala i The Selfish Cales hanno prodotto canzoni con rimandi a certe melodie e cantati anni 70, assoli spaziali, ritmi quasi sudamericani (Kaspar Hauser), trascinandoci in un emozionante percorso musicale deliberatamente arioso, fantastico, che lascia spazio all’immaginazione.

Disco per la maggior parte dettato dalla chitarra di Andy, con la cavalcata di tastiera in Beyond the Last Horizon che apre alla grande, c’è un comparto ritmico che sfodera brani solari, elettrici, con cambi di tempo ed evoluzioni sonore degne di nota. Pur notando qualche pecca qua e là, non c’è dubbio che la voglia di suonare buona musica abbia portato questa band a produrre un disco fuori dal comune, con un pezzo da novanta,Chestnut Maze, il loro primo singolo, che riassume in maniera vibrante il loro stile fuori dagli schemi moderni.

La scelta di percorrere questa strada non proprio commerciale ma ancora più artistica personalmente li ha posti un gradino o due sopra le precedenti esperienze musicali, il disco finisce con il brano più intenso dal titolo You Can’t Sit With The Sabbath, che nei suoi 6 minuti di variazioni istrioniche lascia applaudire il lavoro fatto da questi quattro ragazzi, sperando trovino un po’ di spazio oltre le consuete scene musicali locali.

Sito web: theselfishcales.com

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Luca Paisiello
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