Simple Minds
Walk Between Worlds
(BMG)
pop
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Per i Simple Minds, alfieri della new wave, si parla di 40 anni di carriera, festeggiati lo scorso anno, mentre nell’anno in corso si celebrano i 40 anni dal loro primo concerto.
Non pochi per una band che ha visto parecchi rimaneggiamenti di formazione e le sue ancore nel cantante Jim Kerr e nel chitarrista Charlie Burchill. Forse troppi per pubblicare un disco nuovo di zecca e aspettarsi una qualsiasi rivoluzione/evoluzione.
Walk Between Worlds segue a distanza di quattro anni il loro precedente lavoro in studio (Big Music), tempi lunghi tra un disco e l’altro giustificati dalla quasi perenne attività live dei “nostri”, che specie nei concerti hanno accettato con buona pace la loro missione di intrattenitori di un pubblico che sì apprezza le loro ultime cose, ma va ai loro spettacoli soprattutto per gridare a squarciagola il lalalala di Don’t You e per esaltarsi alle frustate di Waterfront.
Walk Between Worlds è un disco onestissimo, che guarda indietro per andare avanti. E lo fa con testi vagamenti nostalgici e che considerano impietosamente il passare del tempo, oltre che prendendo di peso il ritornello di Alive and Kicking (1985) per innestarlo nella nuova Sense of Discovery.
Magic, il primo singolo che ha anticipato l’album, è una squisitezza pop, mentre il passato remoto post-punk della band riemerge da The Signal and the Noise.
Un album onesto, che scorre via piacevolmente nelle sue 8 tracce, ma nell’edizione deluxe ce ne sono 3 in più, fra cui la cover live di Dirty Old Town, un brano folk del 1949 che i Simple Minds hanno dedicato alla strage di Manchester.
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