Santo Niente: Mare Tranquillitatis

Un ritorno gradito a distanza di otto anni, quello di Umberto Palazzo e i suoi musicisti, dopo stagioni ricche di eventi musicali, dischi non pubblicati e un album solista. La nuova uscita è a nome Santo Niente e si chiama Mare Tranquillitatis

Santo Niente

Mare Tranquillitatis

(Cd, Twelve Records)

alternative rock

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Il Santo Niente ritorna sulle scene con questo Mare Tranquillitatis, quarto disco della creatura di Umberto Palazzo. Sono passati vent’anni da quando il bolognese ha messo su questa sua creatura dopo la dipartita dai Massimo Volume.

In un’epoca spettacolare dettata da gruppi rock della scena alternativa italiana emersi finalmente all’attenzione di pubblico e critica, Palazzo aveva ricevuto già buoni consensi con l’album La vita è facile, curando una signora colonna sonora, quella del film Jack Frusciante è uscito dal gruppo, che ha lanciato Stefano Accorsi e Violante Placido, scaletta che comprendeva Disciplinatha, Marlene Kuntz, Tre Allegri Ragazzi Morti ma anche Joy Division, Faith No More e Deus.

Dalla fine del secolo scorso ad oggi la band ha avuto separazioni e rifondazioni, passando a scolpire la musica in maniera più strumentale che lirica, senza abbandonare l’attività live quando nel frattempo Umberto Palazzo organizzava eventi musicali, promuovendo artisti emergenti, fino a pubblicare due anni fa l’esordio solista con Canzoni della notte e della controra.

All’avvio di questi 41 minuti di art-rock, così definito dalla band, c’è un incedere determinato del basso che la fa da padrone nella silvestre Cristo nel Cemento, che ci riporta alle origini assieme al seguente Le Ragazze Italiane. Suoni sonici, voce bassa e lineare che contraddistingue il cantato, rudezza nei testi ironici e cinici di questi primi componimenti, con il sax di Sergio Pomante che impreziosisce il disco grazie alla sua collaborazione.

Chitarra e basso imperturbabili introducono il reading di Un certo tipo di problema con un ritmo ipnotico su un velo di elettronica che racconta un notturno di cocaina e malavita. Un travestito ormai andato con l’età è il protagonista di Maria Callas, brano malinconico e cinematografico del disco. La sessione più lunga è quella degli undici minuti di Primo Sangue, parte in acustico su un beat elettronico, lavorando lungo il percorso in un psichedelico susseguirsi di intriganti divagazioni strumentali. Infine Sabato Simon Rodia canta in prima persona di un architetto italiano che costruì le Watt Towers a Los Angeles in un lento, quasi jazzistico e rumorista brano di chiusura.

Uno degli autori più veri e non allineati al sistema che fin dagli esordi ha messo in chiaro il suo percorso artistico nel panorama musicale italiano continua a percorrere una delle strade più difficili, quella della sperimentazione musicale lontana dai canoni commerciali.

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Luca Paisiello
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