Myles Kennedy: Year of the Tiger

Year of the Tiger è il lungo parto da solista di Myles Kennedy, cantante degli Alter Bridge e di Slash, che regala atmosfere acustiche in un concept sulla sua vita

Myles Kennedy

Year of the Tiger

(Napalm)

classic rock

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recensione Myles Kennedy- Year of the TigerCosa dire di Myles Kennedy, singer degli Alter Bridge e compagno di viaggio nei dischi di Slash and the Conspirators? Ormai ha una carriera talmente impegnata che si divide tra questi due progetti principali, in uscita entrambi prossimamente, e trova pure il tempo per pubblicare persino il suo disco solista, Year of the Tiger.

Se il suo contributo come spalla del famoso chitarrista dei Guns n’ Roses e lead vocal della band di Mark Tremonti l’ha spinto da tempo nel gotha mondiale delle stelle dell’hard rock, non bisogna dimenticare che, nonostante i due axeman elettrici al suo fianco, Myles è anche un eccellente chitarrista, basta solo andare a vedere la intro di Cry Of Achilles nei live degli Alter, o le Guitar Battle sul palco con lo stesso Tremonti.

Year of the Tiger è un disco profondo e intenso, principalmente acustico dato che dominano voce e chitarra del singer originario di Boston, che in questo lavoro fa uscire fuori tutta la sua vena cantautorale. L’album è infatti un concept album personale, che racconta la morte del padre quando era ancora un bambino (Blind Faith), in un contesto dove la dottrina del cristianesimo scientista che seguiva la sua famiglia non permetteva le consuete cure della medicina se non attraverso le preghiere dei guaritori spirituali vicini al malato per liberarlo dal male.

Un ragazzino che ha sofferto situazioni familiari e religiose ribaltate in questo disco attraverso le 12 canzoni che ci accompagnano lungo l’ascolto, raccontando di un ragazzo che puliva le stalle della fattoria per guadagnarsi i soldi che servivano per acquistare la sua prima chitarra, gli esordi nel jazz, la crescita e la luce in fondo al tunnel. Dicevo di album acustico ma ci sono diversi brani in cui si respira rock per l’insieme degli strumenti che tirano ritmo come in Mother, Songbird o Devil On The Wall.

Kennedy aveva già realizzato un primo album raccogliendo brani scritti negli anni, ma ha rinunciato a pubblicarlo mettendosi a lavorare a quest’opera perché sentiva l’esigenza di raccontare cose più personali. Non mancando brani sull’onda emotiva delle canzoni di atmosfera degli Alter Bridge come una Love Can Only Heal che mette i brividi o l’orchestrale The Great Beyond, Myles sfodera situazioni soul, blues e country attraverso quell’ugola che ormai abbiamo imparato a riconoscere ad occhi chiusi.

Un disco che per intensità ed emozione mi ha riportato a Higher Truth di Chris Cornell, e che pone Myles Kennedy come un musicista completo, pieno di risorse e di talento e quindi consigliato a chi apprezza le qualità di questo cantante e vuole ascoltarlo in una chiave diversa dai lavori rock e metal a cui ci ha abituato.

 

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Luca Paisiello
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