Marlene Kuntz + Maroccolo + Howie B
Beautiful
(Cd, Al-Kemy Records)
indie, elettronica
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Metti assieme i Marlene Kuntz dell’ottimo Bianco Sporco, con Gianni Maroccolo compreso nel pacchetto, a cena con Howie B, il produttore scozzese che mise le mani sugli U2 curando il trip-rock dell’album Pop. Ne esce fuori un controverso progetto che corrisponde al nome di Beautiful, registrato al Teatro Petrella di Longiano, catturando le sessioni improvvisate e creative dei cinque artisti.
Un tale amalgama di rock, noise ed elettronica trova quindi la pubblicazione di dodici tracce prevalentemente strumentali, con il cantato di Godano sparso tra le tracce rigorosamente in lingua inglese. Brani suonati a pelle con furia, ritmi ruvidi ma anche soffuse morbidezze notturne che si intercambiano durante l’esecuzione. Conosciamo le chitarre di Godano e Tesio, conosciamo le ritmiche di Bergia e Maroccolo, non può che incuriosire il coinvolgimento di Howie B (ed io, amante di Achtung Baby, alla notizia ho reagito con terrore).
Un ritmo esagitato apre il disco con Pow, musicalità apparentemente così disordinate da pensare di aver sbagliato ad infilare il disco giusto nel lettore. Anche il brano seguente, Tarantino, inizialmente lascia chiedersi se si tratta di uno scherzo, poi arrivano i primi arpeggi che, nonostante il tappeto elettronico di Howie, cullano l’ascolto per poco più di due minuti, come una comune intro al brano successivo.
Il pezzo lanciato per promuovere questo disco è In Your Eyes, che sembra restituirci una versione nostrana dei Simple Minds. Si va avanti nell’ascolto con le chitarre soffocate dai campioni soft-trance di Singolo, gli sgocciolii di Fatiche che ricordano alcuni innesti musicali sentiti nell’album Spore, composto da spicchi noise che ho apprezzato particolarmente.
Curiose le sonorità di What’s My Name, indigesta invece White Rabbit, il pezzo consigliato rimane la lunghissima Flowers, riconducibile rispetto alle altre canzoni più alla loro indole musicale, e si conclude il lavoro con la psichedelica Play.
Il riscontro avuto al concerto a sorpresa del Primo Maggio scorso, a sentire amici, colleghi e forumisti in giro per la Rete, era stato spiazzante, sconcertante, probabilmente proprio l’effetto che volevano loro. Ovviamente sono le contaminazioni elettroniche sulle chitarre che lascia perplessi, quasi colpa nostra che siamo ottenebrati da una certa abitudine e attitudine musicale (rock mischiato all’elettronica? Bleah!).
Dando pace alla vena creativa di Godano e soci, che si sono concessi con questo disco il lusso di una parentesi sperimentale che magari non si può condividere ma rispettare, è da riconoscere un’alta qualità del progetto che dopo diversi ascolti può risultare apprezzabile. Forse perché dopo un album come Uno piuttosto sotto le aspettative, pur rispettando la volontà artistica della band, si sta aspettando da tre anni un disco maggiormente convincente da quella che ritengo una delle due band più importanti del panorama nostrano, insieme agli Afterhours, senza chiaramente aspettarci il ritorno di Catartica o un’evoluzione sontuosa alla Bianco Sporco.
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