Monoscopes: recensione di Endcyclopedia

L'ex Jennifer Gentle Paolo Mioni torna in solitaria col moniker Monoscopes: Endcyclopedia è un disco che ci riporta indietro all'indie americani dei primi anni '90.

Monoscopes

Endcyclopedia

(Big Black Car Records)

indie rock, garage pop

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monoscopesSinceramente (lo diciamo con la massima obiettività e serenità del caso) non è stato semplice approcciarsi a questa nuova opera dei Monoscopes, creatura nata dall’ingegno di Paolo Mioni, un tempo ex componente dei Jennifer Gentle.

Endcyclopedia non è un lavoro facile e non per il fatto che debba essere ascoltato svariate volte per poter venire apprezzato.

Questo sarebbe, davvero, l’ultimo dei problemi, soprattutto se vale la solita equazione che vede un disco bello essere stimato con il passare del tempo dopo che si aveva inizialmente avuto qualche perplessità.

Qui, invece, i dubbi non ci lasciano, soprattutto in considerazione della valenza di un artista eccelso come Mioni.

La sua musica, per tutta la durata dell’album, lascia qualcosa di inespresso, come se mancasse un centesimo per fare un euro.

Le canzoni, suonate in modo ineccepibile dalla prima all’ultima, mancano (ma questa potrebbe essere una nostra opinione distorta di vedere la musica) del ritornello ad effetto, che le farebbero ricordare da qui in avanti.

In un contesto che ci riporta indietro nel tempo al sound inglese dei primi anni novanta (non abbiamo detto brit pop, si badi bene), ma anche ai Pavement e ai R.E.M. degli esordi, dovrebbero essere, ad ogni modo, le melodie ad avere un ruolo chiave.

Esse ci sono, vedi The Green Bad o It’s A Shame About You, ma, probabilmente, (ripetiamo, è solo un nostro parere) avrebbero dovuto avere un’attitudine più “mainstream” per far sì che potessero possedere una marcia in più.

Tra echi risalenti ai Doves (The Electric Muse – I Wanna Know Why) e interpretazioni acustiche, comunque, interessanti (vedi la buona The Maker) il disco scorre via bene, ma senza troppi sussulti.

Sul finale vengono fuori le cose migliori. Today Today Today è un blues crepuscolare, mentre You’re Gonna Be Mine è tempestata di feedback che ci riportano indietro ai migliori My Bloody Valentine.

Chiude il tutto la “pavmentianaA Quiet Life, una ballata in chiaroscuro, che si erge a perla di un disco che farà, comunque, parlare di sé.

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Francesco Brunale
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