Cambra
Scatole
(Overdub Recordings)
emo-punk, stoner, hard psych, power rock, post-rock
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“Possiamo aver finito con il passato, ma il passato non ha mai finito con noi”, diceva Jimmy Gator in Magnolia, celebre film di Paul Thomas Anderson.
La paura di non poter controllare ciò che ci sta accadendo attorno e l’effetto che avrà su di noi. È questa la natura incontrovertibile che accomuna tutti noi esseri umani: fragili, fallibili e impotenti di fronte agli avvenimenti che succedono, schiavi di eterni conflitti quotidiani, dilaniati dal peso delle responsabilità, vittime e al contempo carnefici del nostro destino.
Rovistando tra le macerie emotive della contemporaneità e nei cassetti dei sogni infranti, la band emiliana Cambra fa il suo esordio discografico con l’album intitolato Scatole, edito per Overdub Recordings e anticipato dall’uscita del singolo Polvere.
Se tecnicamente il termine cambra definisce una grappa di ferro che serve a collegare elementi di costruzione in legno, nel caso del trio parmense (Giacomo Giuffredi alla voce e chitarra, Gianmarco Cotti al basso e Alberto Tanara alla batteria) può raffigurarsi come metafora di equilibrio e connessione tra ordine e caos, tra aspettative e realtà, tra scelta e fatalità.
Nelle dieci tracce della release, i Cambra provano a scrutare – con sguardo critico e autocritico – oltre la fitta nebbia del presente, oltre il ruolo ornamentale di un mondo ideale, oltre l’illusione di un piano universale da rispettare (Polvere), indugiando sul tempo sprecato a sognare un futuro migliore (Va Tutto Bene) e sui ricordi sfocati di un passato che, dopotutto, rappresenta l’unica certezza in nostro possesso.
Meccanismi narrativi al vetriolo e sonorità che si rifanno al cosiddetto alternative rock anglofono degli anni 90 e primi duemila confluiscono all’interno di un melting-pot cupo, malinconico, potente e acido di heavy rock, post-rock e grunge, a cui si aggiunge un forte retaggio di quel filone emo-punk da classifica. Una tensione continua tra riff incendiari, ritmiche rocciose e taglienti, uptempo incalzanti ed evidenti rimandi a quella che fu l’ondata alternative rock tricolore dei vari Verdena, Il Teatro Degli Orrori, Prozac+ e Ministri.
Storie di rabbia e rimpianto dal taglio intimo, inquieto e autobiografico, veicolate dai Cambra in maniera diretta e viscerale, attraverso quel continuo guardarsi indietro da parte di chi ha visto sfumare le illusioni di gioventù e oggi non ha più la forza per trovare nuovi stimoli (Immerso).
Ma è destino degli esseri umani, a quel che sembra, opporsi alle dinamiche dispersive che essi stessi mettono in movimento o che insorgono dentro di loro. Scatole come metafora di qualcosa di statico e apatico; contenitori all’apparenza tutti uguali tra di loro ma che invece aprendosi sprigionano quel bisogno di voler essere storie uniche.
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