Bosco Sacro: recensione di Gem

Doom, ambient, eternal wave e trip hop, vari i generi da nominare per definire e caratterizzare le influenze del Bosco Sacro.

Bosco Sacro

Gem

(Avantgardemusic)

doom, ambient, trip hop

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Doom, ambient, eternal wave e trip hop, vari i generi da nominare per definire e caratterizzare le influenze del Bosco Sacro.

Gem non esce fuori da novellini alle prime armi. Il quartetto, formato da Paolo Monti (The Star Pillow, Daimon), Giulia Parin Zecchin (Julinko) , Luca Scotti (Tristan da Cunha) e Francesco Vara (Tristan da Cunha , Altaj), proviene da altri progetti ben affermati e che nell’ultimo decennio hanno girato l’Europa in lungo e largo.

Nel Bosco Sacro uniscono la loro creatività e competenza per dare vita ad un lavoro che trasuda tantissima esperienza e passione.

Le ambientazioni sono sacrali, mistiche oserei dire quasi ascetiche; un omaggio devoto a Madre Natura, che così spesso dimentichiamo per il nostro egocentrismo sfrenato; il Bosco Sacro – invece – la riscopre in tutta la sua bellezza e grazia come una madre amorevole ed accogliente ma anche così intransigente e severa.

Gem racconta un risveglio e una presa di coscienza del fatto che ci deve essere, una comunione imprescindibile con il creato che va amato rispettato e omaggiato; perché l’universo possa restare in equilibrio e continuare ad esistere.

Secondo lo stoicismo tutto avviene sincronicamente nel senso che gli elementi costitutivi di un organismo funzionano complessivamente per mantenerlo in vita rispondendo all’azione finalistica di un «fuoco artefice» o «soffio vitale», uno pneuma che permea di sé tutto l’universo rendendolo armonico e connotato da necessità razionale.

Ed è così che si strutturano le sei tracce dell’album in maniera del tutto armonica, tutti gli strumenti cooperano per il raggiungimento del risultato finale. Batteria e basso sono perfettamente ancorati per definire ritmi pulsanti e quasi primordiali, la chitarra si stratifica e si destreggia con disinvoltura e naturalezza tra fraseggi ambient trip hop e post rock.

Su tutto si erge la voce di Giulia, maestosa, decisa; così tanto intimista (Ice was Pure) da ricordarmi la Chelsea Wolfe di Mistake in party dove prevale la voglia di raccontare stralci di vita innocenti ma tanto profondi, per poi diventare eterea ma decisa (Be Must) come la tanto amata Fraser.

La cangiante Giulia passa da toni bassi minacciosi ad acuti sofisticati ed eleganti; il tutto in modo armonioso, semplice senza strafare, senza enfatizzare troppo, perché non serve farlo se le doti sono, come in questo caso, innegabili. Un timbro avvolgente quanto misterioso e severo; una vera interprete delle emozioni sostenuta da compagni di grande sensibilità e raffinatezza.

L’intero sound è avvolgente e traccia dopo traccia si arriva a scoprire delle perle incredibili come Fountain of wealth, Emerald Blood, per poi dare commiato con Les Arbres Rampante un brano maturo, travolgente viscerale, sublime. E Bosco Sacro, del quale non svelo nulla perché a questo punto la curiosità dovrebbe essere tanta.

Insomma non un esordio questo, ma una band particolarmente strutturata e con le idee particolarmente chiare. Mi piacerebbe ascoltare più dischi con questo intento, dove non si cerca l’esercizio di stile o il riff che ricorda quel genere; ma dove si suona come adempimento ad un bisogno viscerale, come se non se ne potesse fare a meno; come l’ossigeno l’acqua e il sole.

Gem è un disco sincero, senza fronzoli o pose, ma naturale armonioso, bello.

Chiudo con le parole di Pablo Neruda che meglio di me descrive a pieno ciò che si ascolta e si percepisce in questo piccolo gioiello chiamato Gem: “Ora verde, ora splendida! Son tornato a dir sì
all’appartenente silenzio, all’ossigeno verde, 
al nocciolo rotto dalle pioggie d’allora,
 al padiglione d’orgoglio che assume l’araucaria, 
a me stesso, al mio canto cantato dagli uccelli.
 Ascoltate, è il gorgoglio ripetuto, il cristallo 
che a puro cielo grida, combatte, modifica,
 è un filo che l’acqua, il flauto e il platino
mantengono nell’aria, di ramo in ramo puro,
 è il gioco simmetrico della terra che canta,
 è la strofa che cade come una goccia d’acqua.”

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