Bachi da Pietra: recensione di Accetta & Continua

Ottavo disco per i Bachi da Pietra, con dieci racconti noise metal sprezzanti sul genere umano, da accettare con tutti i suoi difetti per andare lo stesso avanti.

Bachi da Pietra

Accetta & Continua

Garrincha Dischi/Sony)

indie, noise, metal

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Giovanni Succi e Bruno Dorella sono di nuovo in pista con i Bachi di Pietra, pubblicando l’ottavo disco in studio, Accetta & Continua. Al duo si è unito in pianta stabile dal 2020 Marcello Batelli (Teatro Degli Orrori, Non Voglio Che Clara) che collabora come nel precedente Reset alle 10 tracce dell’album, tornato maggiormente elettrico dai tempi di Necroide.

Il loro percorso musicale è stato sempre pregno di atmosfere cadenzate nelle sperimentazioni, esplorando curve sonore imperscrutabili attraverso una stesura di testi grevi e intrinseci con sonorità tra metal e noise. La voce di Succi strega il sentimento mesto dell’ascoltatore dettato dallo smarrimento delle situazioni musicate nel disco, come se fosse la nostra voce interiore che osserva quanto accade e lo accettiamo con il risentimento e il cinismo descritto in Meno Male.

I Bachi osservano il genere umano che non intende pagare mai per i propri sbagli (Nel Mio Impero), tutti buoni ma soprattutto stronzi (Mai Fatto 31) ciondolando in piazza con le mani in tasca, così rassegnati della loro vita ridendone “come quando vedon triste Buster Keaton” e san già come va a finire la tua che ti danni su come riscattarla. Un mondo con i vicini di casa che all’improvviso danno di testa e minacciano le nostre famiglie, e noi incerti su come reagire chiedendoci “tengo chiusa questa porta o son domani sul giornale”? (Fuori C’è il Vicino).

Il disco sa ammaliare attraverso un sound impetuoso e tenebroso, sempre in tensione ad ogni battito di drumming in cui la voce di Succi prende il sopravvento con una rabbia trattenuta, dove la chitarra in diversi tratti mostra dissonanze come Un Lampo e Noi o si spreca in una ferocia torva come Nel Mio Impero. Strumenti che baluginano quel tanto che basta per non rendere le canzoni troppo piatte, la necessità è quella di costruire un contorno sonoro alle trame indignate delle liriche di Succi.

Lo stesso autore racconta che per sua madre il Duce “aveva fatto anche cose buone”, eppure il regime fascista si era portato via da casa il nonno del fondatore dei Bachi di Pietra. In Mussolini la band definisce il dittatore un bel piano marketing, una propaganda che “incanta a cent’anni di distanza dalla campagna”. Il giro di basso naviga nel loop lento e ombroso del brano cantato basso dove s’incuneano chitarre e lievi effetti elettronici d’atmosfera. L’idea girava nella testa di Succi da diversi anni, e ha trovato una via d’uscita con una canzone ironica e altrettanto tagliente su un personaggio raffigurato come “un ammiraglio da spiaggia, un romagnolo in frac” che non è altro che “un seduttore di folle sedotte da un folle”.

Dopo otto dischi i Bachi da Pietra continuano a non sposare alcuna logica commerciale, stanno bene così, una delle rare band che preferisce essere provocatoria, rumorosa e libera di mettere in discussione dogmi e compromessi, suonando quello che gli piace, trovando equilibrio sonoro in questo nuovo album.

Social: facebook.com/bachidapietra

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Luca Paisiello
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