Adele Fabiani: recensione de Il Vecchio e il Mare

Ispirandosi a uno dei romanzi più popolari di Ernest Hemingway, la sassofonista abruzzese Adele Fabiani fa il suo esordio con l'EP Il Vecchio e il Mare: opera che coniuga i fraseggi poliritmici e creativi del jazz, la capacità immedesimativa della letteratura e le geometrie surreali della pittura.

Adele Fabiani

Il Vecchio e il Mare (EP)

(Frekete! Records)

jazz poetry, soul, rhythm and blues, library music

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“Sembra molto difficile incontrare suonatori di jazz felici. Credo si debba avere del dolore dentro, per fare del buon jazz. Non è uno stereotipo, una comoda immagine poetica o retorica per accrescere l’alone di mito attorno ai travagliati protagonisti di una musica strana […] La storia dei grandi del jazz è la storia di dolori infantili, di solitudine, di tristezza“, come scrisse Walter Veltroni nella sua biografia del pianista Luca Flores, intitolata Il Disco del Mondo.

Incentivata dal suo maestro di composizione Mimmo Napolitano e, verosimilmente, mossa da un sentimento di abbandono interiore, esordisce come solista la sassofonista abruzzese Adele Fabiani – detta anche la “Lisa Simpson del Lancianese” – con la pubblicazione dell’EP Il Vecchio e il Mare, edito per l’etichetta vastese Frekete! Records.

Avvalendosi della partecipazione di diversi musicisti della scena jazz nostrana – Andrea Cardone al tenor sax, Danny Pomponio alla tromba, Giovanni Carosella alla chitarra e voce narrante in Dentro è Solitudine, Roberto Zinni al piano e synth, e Davide Tenaglia alla batteria – Adele Fabiani decide di misurarsi con se stessa, con le sue conoscenze compositive e tutto ciò che ruota intorno alla simbologia e all’immaginario del mare, ispirandosi a uno dei romanzi più popolari di Ernest Hemingway, Il Vecchio e il Mare.

Le tre tracce di questo mini spartito, Il Vecchio e il Mare, Astri Nel Cielo di Vincent Van Gogh, Dentro è Solitudine (più la bonus track Blues in A, presente solo all’interno del formato fisico), rappresentano l’epifania performativa della Fabiani, la quale, destreggiandosi tra le maglie di un repertorio enciclopedico jazz fatto di John Coltrane, Charlie Parker, Miles Davis e Daniele Sepe – mescolato al funambolismo della library music e alla dissonante e corrosiva contemporaneità epidermica dei Black Midi – si avventura in un irrequieto e suadente viaggio solitario, tra le fenditure più nascoste dell’anima, in balìa delle proprie ombre, dei propri demoni, quando con malinconica introspezione, quando attraverso un drammatismo viscerale e una presa di coscienza sia emotiva che territoriale.

 

Il Vecchio e il Mare prende forma tra gli squarci visionari, passionali e ovattati del sax di Adele Fabiani, in un’equilibrata mescolanza di contaminazioni fusion dal fascino maledetto e dai contorni dilatati, dove tutto viene levigato e dosato al millimetro, andando a tratteggiare una tela immaginifica sospesa tra i fraseggi poliritmici e creativi del jazz, la capacità immedesimativa della letteratura e le geometrie surreali della pittura. Una sorta di triade magica in grado di generare e comunicare un potenziale unico.

Scie vorticose uniscono le incantate e spumeggianti ambientazioni dei villaggi di pescatori della costa vastese alle atmosfere lamentose, fumose e “black & white” dei nightclub di Manhattan, passando per i bagliori argentei dei cieli stellati e notturni vangoghiani, mentre si accarezza l’umana illusione di potersi prendere una pausa, seppur temporanea, dalle tempistiche della vita reale, semplicemente passeggiando sulla riva dei sogni e lasciandosi cullare dalle onde di risacca del mare.

facebook/adele.fabiani

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