Visor Fest 2024
Murcia, 27 e 28 settembre
live report
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Il Visor Fest arriva alla settima edizione e s’è trovato a dover superare in corsa, a 10 giorni dall’inizio, un ostacolo non da poco: il comune di Murcia gli ha revocato la concessione per il recinto ferial, costringendo gli organizzatori a trasferire baracca e burattini a due passi dallo stadio, in uno spiazzo sterrato. I nostri però non si sono fatti perdere d’animo, hanno organizzato dei pulman-navetta per agevolare il rientro del pubblico, hanno ricoperto il terreno sassoso di un comodissimo manto di erba sintetica e… acceso gli amplificatori.
Il concept del Visor Fest
L’idea dietro il Visor è quella di realizzare un festival con delle caratteristiche precise: solo set interi (ogni band ha a disposizione 90 minuti); preferibilmente di artisti che hanno avuto l’apice creativo nei ’90; un palco solo (con 30 minuti di dj set tra un concerto e l’altro), in una situazione comoda, per adulti e diversamente giovani.
A dirla tutta, ci dispiace per gli organizzatori, costretti a sostenere spese impreviste a causa del cambio di location, ma tutto era squisitamente sovradimensionato per l’afflusso di pubblico, con conseguente abbondanza di parcheggi, code inesistenti e spazio a volontà.
Ma parliamo di musica
La stragrande maggioranza del pubblico ha fatto l’abbonamento alla due giorni del festival, fatta eccezione per un manipolo di adepti al culto di Wayne Hussey (The Mission) e per una assai nutrita schiera di fan dei Gigolo Aunts, che proprio al Visor Fest hanno suonato l’ultimo concerto prima del definitivo scioglimento.
The Mission sono stati protagonisti di un set molto più elettrico che in passato, con Wayne Hussey che massacra il brano di apertura (Wasteland) prendendo una stecca dopo l’altra; ma già dal secondo brano (ri)trova la quadra e ritorna la simpatica canaglia di sempre, con una voce che in brani come Severina è in grado di dare al pubblico tanto pathos da offrire brividi di piacere. Chi conosce i Mission sa che spesso e volentieri suonano Like an Hurricane di Neil Young (come hanno fatto anche qui), ma la loro versione chitarrosa di Never Let Me Down dei Depeche Mode è una (piacevolissima) sorpresa per tutti.
Chi in questo festival ha giocato un altro campionato sono i dEUS. Tom Barman e soci ormai sono scevri da dover promozionare il pur ottimo How to Replace It e per la loro scaletta si prendono parecchie libertà.
La loro formula musicale si presta a meraviglia alla versione live, un sali-scendi emotivi e di ritmi, di chitarre acustiche e di sfuriate elettriche, con un violino-ficcanaso e una concezione della Musica a 360 gradi di zappiana memoria. Worst Case Scenario (First Draft) prima ci porta in un fumoso club d’altri tempi, col contrabbasso a punteggiare la band, salvo poi trascinarci in un abisso di deliziosa isteria. La malinconia di Hotellounge (Be the Death of Me) mi commuove sempre, Quatre Mains e The Architects fanno ballare anche i sassi, Fell Off the Floor, Man continua ad essere la dannazione dei poveri cronisti come il sottoscritto, desiderosi di ingabbiare nei generi la musica, mentre i dEUS dai generi scappano via a gambe levate. Loro le gabbie le rompono. Tutte. Geniali!
I Gigolo Aunts sono stati i responsabili dell’unica fila creatasi al festival: quella per comprare il loro vinile. Il loro power pop squisitamente americano e il twee pop dei Camera Obscura sono lontani anni luce dalle mie coordinate musicali, ma va bene così.
Degli Immaculate Fools delle origini è rimasto solo Kevin Weatherill (per sua stessa ammissione ormai mezzo sordo) e che da dieci anni vive in Spagna. Il loro indie-rock / indie-folk suona ancora piacevole.
I Sad Lovers and Giants hanno avuto l’arduo compito di aprire il festival e lo hanno fatto con una lezione di eleganza, sempre in bilico tra new wave, post-punk e sfumataure gotiche.
Sfida a colpi di Organo Hammond
Seppure a 24 ore di distanza, una virtuale sfida a colpi di tasti di Organo Hammond ha visto protagonisti i The Charlatans (venerdì) e i Kula Shaker (sabato). Chi ha vinto? I Charlatans a mani basse.
Il combo di Northwich capitanato da Tim Burgess è sopravvissuto a mille traversie (fra arresti, scioglimenti, il batterista morto di tumore il tastierista/organista in un incidente d’auto), ma i Charlatans sanno ancora come far divertire il pubblico, tra rock, psichedelia e un basso che strizza spesso e volentieri l’occhio al funky.
La visione post-britpop e pischedelica dei Kula Shaker fa invece i conti con alcune influenze che arrivano dall’India (e che in buona parte si perdono dal vivo), ma il problema più grosso è in Crispian Mills: a parte più di una incertezza vocale, il cantante è anche il chitarrista della band e… si sa… se fai il cantante e basta… hai modo di giocare col pubblico (come fa il piacevolmente furbetto Burgess), mentre se oltre a cantare suoni pure… sei immancabilmente un po’ troppo statico.
In ogni caso entrambe le band hanno giocato un’ottima partita (‘sti riferimenti al calcio vengono dritti dal mio subconscio, dato che eravamo a fianco dello stadio), ma il tasso di divertimento è stato decisamente più alto con i Charlatans.
Appunti sparsi e bilancio conclusivo
- Fila per entrare al festival: inesistente / 3 minuti
- Parcheggio: ampio e gratuito (ma attenzione ai sassi)
- Comfort nel parterre: ottimo, tanto spazio, pubblico di età ben oltre gli anta, nessuno ha esagerato con l’alcol (o altro), molti bimbi presenti (mano male, hanno abbassato la media!)
- Birra: si prendeva in 3 minuti, con 4 euro
- Cibo: poco vario, pochissima fila, tanti tavolini e sedie
- Impianto audio: risultati alterni a seconda del tecnico della band di turno, ma sempre da buono a molto buono (a parte i Charlatans che – volutamente – hanno mandato tutto in saturazione)
- Light show: per essere nel 2024… era al minimo sindacale
- Organizzazione: ottima, compreso il dialogo continuo (via social) col pubblico
Gli organizzatori non hanno comunicato in quanti eravamo: a occhio e croce (ma potrei sbagliarmi) sui 5.000 al giorno, probabilmente qualcuno in più il sabato. Immagino che così non sia facilissimo far quadrare i conti, ma per questi appassionati ragazzi murciani auguro il meglio e per il 2025… un pensierino ce lo sto già facendo.
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