This Eternal Decay: recensione di Nocturnae

Nocturnae dei This Eternal Decay è un denso magma di buio e luce. Il combo romano sforna un masterpiece di darkwave contaminata da umori industrial ed echi synth-pop.

This Eternal Decay

Nocturnae

(Trisol/Soulfood)

post-punk/darkwave/industrial

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this eternal decay - recensione - NOCTURNNocturnae dei This Eternal Decay è un denso magma di buio e luce. Il combo romano sforna il suo capolavoro di stile!

…viene gennaio silenzioso e lieve, un fiume addormentato, fra le cui rive giace addormentato il mio corpo malato…

L’incipit di questo immenso classico della musica cantautorale sembra fatto apposta per introdurre Nocturnae, il nuovo, strabiliante, album dei This Eternal Decay appena uscito su Trisol/Soulfood.

Siamo noi i sopra citati corpi, tenuti in pugno da una pandemia che sembra non aver mai fine, addormentati da un virus interiore che devasta molto più di quello corporeo ma pronti  a ricominciare daccapo dopo aver espulso, ognuno a proprio modo, tutta la negatività accumulata.

La band lo fa con questo disco basato sulla ricostruzione di una idea di vita dopo gli ultimi due anni di alienazione, un notturno musicale ispirato al buio nel quale siamo piombati da un giorno all’altro perdendo una ad una tutte le nostre certezze, dieci brani che affrontano i temi dell’insicurezza, della morte, dell’amore, della distanza e della fragilità, fedeli compagni del genere umano.

Riccardo Sabetti (Spiral69), Andrea Freda (Spiritual Front), Pasquale Vico (Date at Midnight) e Alessio Schiavi (Avant-Garde), quattro musicisti di lungo corso che vantano la pubblicazione di decine di dischi ed una interminabile serie di live (dimensione nella quale si trovano perfettamente a loro agio), tornano con Nocturnae, terzo step di un percorso artistico in ascesa costante iniziato nel 2018 con I Choose an Eternity of This e proseguito con Silence del 2020.

Il super gruppo romano ha la sorprendente capacità di trovare la soluzione armonica perfetta per ogni brano, sia essa riconducibile ad un ritornello, un riff di chitarra, un giro di basso una dinamica batteristica o qualunque altra diavoleria capace di restituire al pubblico un prodotto sempre intrigante, fluido e per certi versi addirittura magico.

Questo masterpiece di darkwave contaminata da umori industrial ed echi synth-pop si apre con Death Doesn’t Lie e il suo groviglio iniziale di voci effettate, apripista di un brano dal ritmo incalzante dominato dalle taglienti linee vocali ed antipasto perfetto all’industrial style di Disappear avviluppata ad un suono compatto spezzato quasi sul finale da un’implosione inattesa come preludio all’antitetica ripartenza esplosiva.

Le tre hit per eccellenza scuotono i nervi e devastano lo spirito, parlo dei due singoli estratti, Lights e No Apologies dal micidiale refrain (so sorry but i’m not sorry) che tratta di un amore finito male e proprio per questo del dispiacere di fondo non resta quasi nulla e di Scars, una delle mie preferite, quel testo modulato dalla voce di un Riccardo in stato di grazia allenta i freni inibitori ed induce alla liberazione totale.

 

Non sono da meno DarkLove, ballad oscura e magmatica molto vicina alle ambientazioni della mai dimenticata The Abyss e la title track dove spadroneggia una vulcanica sezione ritmica smorzata da strepitosi stop and go.

She Walks Away feat. Hapax, incanta con un basso da capogiro ed il superbo intreccio tra la voce baritonale di Michele con la più aulica di Riccardo, poi arriva la plumbea, irresistibile Two Shades of Black feat. Avant-Garde ed il tempo si ferma, la presenza ombrosa ed imprescindibile della chitarra accarezza un lavoro d’insieme a dir poco commovente.

A Deaf Prayer (outro) ci mette il carico da undici, una sorta di ninnananna perversa, ideale colonna sonora di un thriller psicologico, due minuti di estatica poesia tradotta in note.

In ultimo i preziosi remix di Lights firmati da Actors e Ash Code, la magistrale rilettura di No Apologies dei tedeschi Wisborg e la rivisitazione di Scars ad opera di A Copy for Collapse, una vera perla, una scarnificazione totale che nel loop portante rimanda agli echi di Edenbridge, immensa prova di Agoria (mago della techno/deep house/ambient) feat. Peter Murphy.

Difficile trovare parole quando le parole non bastano a descrivere le sensazioni provate nell’ascolto, rigorosamente in cuffia, di questo album dal sound internazionale, maturo, intenso, curato nei minimi dettagli, intrigante, corposo, suonato ed arrangiato con incredibile maestria, posso solo aggiungere che sarà difficile andare oltre il capolavoro ma i This Eternal Decay hanno già saputo stupirmi più volte e non dubito, lo faranno ancora.

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