The Cult: recensione di Under The Midnight Sun

Lo sciamanico Astbury e l'inossidabile Duffy ancora insieme sotto il sole di mezzanotte. Nel nuovo album, Under The Midnight Sun, i Cult suonano i Cult.

The Cult

Under The Midnight Sun

(Black Hill Records)

rock, alternative rock

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“Sono le tre del mattino, il sole è sorto e ci sono tante belle persone ad animare questo momento felice, sono sdraiate sull’erba, si baciano, bevono e fumano, file di fiori adornano il palco per lo spettacolo di stasera. Un momento incredibile”.

La citazione di Ian Astbury si riferisce ad una notte trascorsa in Finlandia mentre il sole si rifiuta di abbandonare il cielo, in estate infatti il sole non tramonta mai a nord del Circolo Polare Artico, resta immobile sopra l’orizzonte e lascia attonito chiunque non abbia ancora assistito a un tale spettacolo della natura.

Astbury ne rimane estasiato, passeggia sereno mentre è in scena il Provinssirock Festival, il momento è surreale, quasi occulto e diverrà l’ispirazione primaria per la scelta del titolo e per i contenuti di Under The Midnight Sun, il nuovo disco dei Cult, appena uscito su Black Hill Records.

Sembra incredibile ma sono trascorsi quarant’anni da quando Billy Duffy e Ian Astbury diedero vita al progetto Death Cult trasformatosi poi nei seminali The Cult, anni nei quali tra alti e bassi, scissioni e reunion, hanno partorito musica eterna, dischi di cui si continua a parlare in termini entusiastici, Dreamtime, Love, Electric, Sonic Temple e relativa metamorfosi dal gothic all’hard rock, restano imprescindibili punti di riferimento per molti di noi.

Malgrado il calo di vendite, dal controverso Ceremony in poi, i nostri non hanno mai mollato la presa forti di un carisma impareggiabile e di uno zoccolo duro di fans costruito nel tempo che attendeva con trepidazione la loro undicesima prova in studio anticipata da Give Me Mercy e A Cut Inside, due singoli, in particolare il secondo, che non mi hanno fatto saltare dalla sedia ma di sicuro hanno risvegliato in me la curiosità soprattutto grazie alle nobili liriche dichiaratamente ispirate alle opere di Brion Gysin, William Burroughs, al buddismo e all’Era dell’Acquario (l’alba del cambiamento la cui caratteristica è il passaggio dall’io al noi).

 

Percettibile, a tratti ingombrante, l’ottima produzione di Tom Dalgety, già al servizio di Pixies, Ghost, Killing Joke, Therapy?, The Damned, che valorizza appieno le otto tracce incluse, mantenendo integro il peculiare sound della band fatto di atmosfere ascetiche impreziosite dalla possente sezione ritmica insieme alla familiare cupezza di fondo sempre ai confini della malinconia, alla straordinaria voce di Astbury e alle chitarre di Duffy, talmente armoniose da farmi dimenticare quanto detesti gli assoli e più in generale gli esercizi di stile.

I Cult sono una forza oscura e grintosa. Ora come agli esordi, i Cult sanno suonare e ne danno ampia prova in questo disco pieno d’amore, perché alla fine è l’amore il tema dominante, insieme alla fugacità del tempo e alla ostinata volontà di non arrendersi.

La speranza mista a sogno di Mirror “La notte è nostra quando il silenzio fiorisce, gli uccelli notturni canticchiano, amore, dimentica quello che sai”, si piega alla consapevolezza degli spasmi provocati dai sentimenti “…con il dolore che reca il vero amore, andiamo verso la verità…” per sfociare nel rivolo utopico di Give Me Mercy “…nelle maree di questo mondo sei una vittima del destino, dammi pietà, l’amore saprà trovarti…” e di Outer Heaven “….abbraccia i cieli esterni in un deserto che sogna…”, poi la resistenza attiva di A Cut Inside “…nessuna dolce resa, stranieri per sempre, non saremo mai il fantasma delle nostre vite…” e la rappresaglia attiva di Vendetta X “…combattendo per amore e odio, succhiando una lama sporca, combatti contro il terrore…”.

Insomma tra aulici testi, suoni old style, qualche accenno di sintetizzatore e il notevole fascino di Knife Through Butterfly Heart, si arriva dritti e senza troppo pathos alla traccia di chiusura affidata alla struggente Under The Midnight Sun, ballad avvolta in una orchestrazione sontuosa che strappa il cuore dal petto esattamente come il testo sospeso tra amore incondizionato, speranza e discernimento “…sono diventato il tuo amante, le tue labbra sulle mie, allevato dalle ceneri…sospeso in questa vita, sotto il sole di mezzanotte con le creature selvagge, perso nell’illusione dell’amore, tutto svanirà nel tempo…”.

Se dai Cult dei nostri giorni vi aspettate sperimentazione, contaminazione o conversione di stile cambiate subito strada perché Under The Midnight Sun è un episodio che nulla aggiunge o toglie alla loro memorabile carriera, probabilmente tra qualche mese lo avremo addirittura dimenticato tra una pila di altri CD, detto questo a me rimangono le tante lacrime versate sulla title track e quel lungo brivido sulla schiena per cui rendo grazie.

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