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Slash & Miles Kennedy and the Conspirators: 4 (recensione)

Quinto album da solista, che poi solista proprio non è, per Slash, il chitarrista dei Guns 'n Roses, ancora una volta insieme al singer degli Alter Bridge, che quindi qui fa quartina con un altro disco dalle sonorità hard rock.

Slash & Miles Kennedy and the Conspirators

4

(Gibson Records)

hard rock, blues

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Non c’è dubbio che quando si parla di Slash, l’iconico chitarrista col capello a cilindro, ci si chiede se sia in grado ancora di comporre ancora qualche bel pezzo da consegnare alla storia. Nel primo disco solista ci sono stati pezzi ritagliati a dovere per le voci che hanno accompagnato il suo primo lavoro a firma “Slash”, da Chris Cornell a Ozzy Osbourne, da Iggy Pop a Lemmy e (vabbé) Fergie, e collaboratori di livello come Ghrol, McKagan, Flea…

Da 5 anni si riparla di un nuovo disco dei Guns grazie alla reunion e solo negli ultimi mesi abbiamo sentito un paio di brani francamente non esaltanti, e nel frattempo Slash ha pubblicato due nuovi dischi con i Conspirator. Sì, ci sono brani piacevoli, belli tosti, emozionanti, ma nessuno che ha la pretesa di passare alla storia. O ci passa solamente perché è il primo disco che viene pubblicato dalla neonata etichetta Gibson, proprio quella delle chitarre più famose.

Il lavoro è venuto fuori grazie all’urgenza di fare qualcosa con la musica visti i mesi di pandemia che hanno bloccato tour ed esibizioni in pubblico, per cui non felice di stare con le mani in mano, Slash ha prodotto un pugno di canzoni chiedendo a Myles di metterci del suo. Poi hanno suonato tutto in presa diretta a Nashville da Dave Cobb, uno che ha molta familiarità con il country e grazie a Dio qui non ne troviamo traccia.

Il disco non deve essere giudicato dalla copertina, innocuo con un numero in piena vista, e allora 4, che raccoglie una decina di pezzi, bisogna prenderlo così, con l’idea di Saul Hudson di riportare il “live” in studio insieme alla sua band componendo riffoni in alcune tracce lodevoli e grintose come quella di C’est La Vie che non puo’ rimanerti in testa come fosse un “Con le Mani Con il Culo Ciao Ciao”, e un paio di ballad senza tanta gloria. Fill My World mi piace molto, ma sembra avere quel riff di Sweet Child O’ Mine mezzo mozzato e un arpeggio sulla seconda strofa che ricorda i Leppard.

 

Nella struggente Fall Back To Earth si vede molto impegno nella costruzione della struttura con intenti epici dove le note alte di Slash coinvolgono gli acuti di Myles, che continua ad essere in forma smagliante, nonostante molti continuino a non apprezzare la sua voce non perché non sia bella, ma non ritenuta abbastanza adatta per affiancare Slash e nemmeno Tremonti. Probabilmente sarà uno di quei brani che vedremo nei suoi live per anni, ma ha fatto di meglio.

Anche The River is Rising non è affatto male. Ragazzi, apre il disco in maniera dignitosa, ma vorremmo che Slash, perché ne è capace, spingesse di più, almeno come fece come nel primo doppio album. I due degli Snakepit e il periodo Velvet Revolver sono episodi che ricordiamo con affetto. Ma mi auguro che le cose migliori le abbia riservate per il prossimo disco dei Guns, quello che abbiamo ascoltato è davvero pochetto.

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Luca Paisiello
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