Gold Leaves: The Ornament

Il debutto di Gold Leares, progetto solista di Grant Olsen, profondamente malinconico e spiccatamente folk. Per nostalgici ed inguaribili sognatori

Gold Leaves

The Ornament

(CD, Hardly Art)

indie folk, dream pop

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gold leaves - The Ornament“Nothing gold can stay.” Le parole di Robert Frost hanno ispirato Grant Olsen, cantautore di Seattle, il quale ha battezzato il suo progetto solista Gold Leaves. Ed è proprio di un clima caldo ed autunnale che si parla in The Ornament, album in cui da un inizio avvolgente ed intimo (The Silver Lining), si passa ad una chiusura solenne e solare con  l’atmosfera solare di Futures.

Grant Olsen, già conosciuto come parte del duo del Arthur & Yu, ha iniziato a lavorare al progetto di Gold Leaves più di quattro anni fa, ma eventi inaspettati (come il furto della borsa contenente i quaderni delle bozze), un matrimonio, un lutto ed un viaggio in Centro e Sud America hanno rallentato il progetto di formazione di The Ornament. L’album nasce anche grazie al supporto di Jason Quever dei Papercut nel processo di registrazione, mentre Thao Ngyuen (Thao and the Get Down Stay Down, Thao & Mirah), Amy Blaschke, e i Moondoggies hanno contribuito ai controcanti.

The Ornament è un incontro tra folk, atmosfere surf, alcuni accenni doo-woop e una vasta gamma di strumenti (tra cui tastiere, percussioni, Mellotron e violoncello). Canzoni come The Silver Lining, Honeymoon e Cruel and Kind hanno un retrogusto nostalgico, spesso giocato su controcanti, atmosfere surf e un pop strascicato alla The Drums e Alex Turner (con il suo Submarine EP). Spesso però questo folk arricchito di cembali, organi e timpani si perde in un chamber pop più mogio, come in Endless Dope e Hard Feelings. Gold Leaves punta ad un approccio delicato e timido, che arriva a toccare il progressive con la malinconia di The Companion (non so come, ma mi pare di riconoscere i Pink Floyd in questo brano).

Un disco in cui non mancano certo i difetti, ma che nonostante tutto non scade nel banale, risultando vagamente cupo e dalle atmosfere profondamente nostalgica. In fin dei conti  è innegabile, la malinconia folk ha da sempre un suo fascino.


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