Dead Confederate: Sugar

Revivalismo indie rock anni ’90 con Sugar, dei Dead Confederate, in cerca di un equilibrio artistico fra derive grunge, fascinazioni pop e tentazioni brit

Dead Confederate

Sugar

(Cd, Razor & Tie)

alternative, indie rock

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Dead Confederate- SugarRevivalismo indie rock tipicamente anni ’90 con Sugar, degli statunitensi Dead Confederate, giovane combo di Athens, in cerca di un equilibrio artistico fra derive grunge e fascinazioni pop. Questo loro secondo album, edito da Razor & Tie, mantiene infatti l’impostazione grezza e diretta tipica del noisy rock americano (su tutti Sonic Youth), e lo infonde di una nuova linfa melodica, vicina invece alle espressioni di certo brit-pop.

Uno spettro sonoro che si è fatto in breve tempo piuttosto vasto e vario, dunque, sempre tenendo presente la realtà musicale della decade di riferimento. Rock semplice e immediato, che costruisce il proprio aspetto tramite la forza dell’emotività che può suscitare. Il leader del gruppo Hardy Morris sembra aver colto in pieno il potenziale della semplicità in musica, così ben esposta, ad esempio, dai Nirvana, band il cui sound fa capolino qua e la, insieme a Sonic Youth, Smashing Pumpkins e Bluetones.

La differenza con il fortunato esordio Wrecking Ball resta comunque notevole, e si può facilmente apprezzare in brani come le iniziali In The Dark , e Run From The Gun. Elimitati quasi del tutto i riferimenti shoegaze e psych, i brani vivono di un impianto molto più aperto e arioso, ma che però perde senza dubbio qualcosa, in termini di profondità.

I Dead Confederate sembrano ora una band meno tribolata e strepitante, e quasi alla ricerca del ritornello accattivante, sebbene non rinneghino una certa ombrosità di fondo. Questo Sugar appare quindi come un esperimento di apertura del proprio sound riuscito solo parzialmente, in cui il rapporto fra acquisizioni e perdite propende leggermente per le seconde.

Da segnalare inoltre un certo scarto qualitativo fra la prima metà dell’album, ricca di canzoni veramente valide e ben riuscite (Father Figure, By Design), e una coda invece un po’ spenta, nel quale il gruppo sembra girare a vuoto sulle stesse soluzioni.

Rimane dunque il dubbio che la band abbia in realtà ben altre potenzialità, e che le sonorità espresse nel debutto avrebbero meritato un ulteriore approfondimento, prima di essere eventualmente virate in questa direzione, cambio di rotta stilistico che, laddove certamente non irreparabile, appare quantomeno prematuro. Un disco che ha di per se indubbie qualità, ma alquanto interlocutorio rispetto al recente passato.

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