Pearl Jam: Lightning Bolt

I Pearl Jam sono tornati. Ciò che ci colpisce fin dal primo ascolto è che Lightning Bolt vive di due momenti nettamente distinti, una parte fatta di canzoni veloci, aggressive ed energiche; un’altra fatta di ballate armoniche e sentimental

Pearl Jam

Lightning Bolt

(CD, EMI)

alternative rock

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Dopo una pausa di quattro anni dal precedente album Backspacer, i Pearl Jam tornano in studio per registrare il loro miglior disco, almeno secondo quanto dichiarato dal frontman Eddie Vedder.

Ciò che ci colpisce fin dal primo ascolto è che Lightning Bolt vive di due momenti nettamente distinti, una parte fatta di canzoni veloci, aggressive ed energiche; un’altra fatta di ballate armoniche e sentimentali.

I primi tre brani del disco Getaway, Mind Your Manners e My Father’s Son hanno il sound da Pearl Jam anni ’90, con riff urticanti, linee vocali acrobatiche e ritmi sostenuti. La sensazione è che siamo di fronte ad un eco di Backspacer.

Poi, brani intimi come Sirens, Infallible, Pendulum e la title track Lightning Bolt rappresentano il lato più maturo dei Pearl Jam, riprendendo molte delle idee già presentate  in Riot Act e Pearl Jam (anche detto Avocado).

In tutto l’album sono evidenti le numerose influenze dal blues e dal country. L’abilità tecnica della band di Seattle di spaziare con grande naturalità dal grunge, garage rock, al folk, country melodico ha dell’incredibile. Le liriche di Vedder e gli assolo di McGrady sono ai massimi livelli.

Lightning Bolt è un disco molto valido, che può contare su alcuni brani eccezionali, come Sirens, Pendulum e Let The Records Play. Indubbiamente non è un disco rivoluzionario, ma piuttosto un significativo passaggio di maturazione per i Pearl Jam, una delle ultime vere rock band.

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