Mambassa: Lonelyplanet

La band di Bra torna dopo sei anni per farci da guida in questo pianeta solitario e traghettarci al di là delle catastrofiche profezie che popolano i nostri incubi...come solo loro sanno fare

Mambassa

Lonelyplanet

(Cd, Emi)

pop, folk

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mambassa-recensione-lonelyplanetIl nome dei Mambassa campeggia su una locandina appesa nel soggiorno di casa mia. Erano i primi anni del 2000 quando la band apriva i concerti dei Subsonica, facendo conoscere la propria musica a un pubblico sempre più vasto. Inutile dire che ho aspettato questo album con ansia per anni, ma mi ci sono accostata quasi con timore: troppo spesso infatti ci troviamo di fronte a semplice trovate commerciali, più che a reali esigenze musicali. Mi è bastato un unico e rapido ascolto per fugare ogni timore: Lonelyplanet è davvero un ritorno in grande stile.

Dopo un’assenza dalle scene di quasi sei anni (l’ultimo lavoro in studio, Mambassa, è datato 2004), Stefano Sardo, Fabrizio Napoli, Gianfranco Nasso e Massimo Lorenzon, al secolo i Mambassa, sono tornati insieme per dare vita a qualcosa di più di una semplice reunion.

Anche grazie all’inserimento di Fulvio Bosco alle tastiere, il suono della band ha finalmente assunto quelle sembianze definitive già abbozzate ai tempi dell’incontro con Davey Ray Moor (ex leader dei Cousteau e già produttore del terzo album di Cristina Donà), incanalandosi verso una ricercatezza meno incline al pop-rock di matrice easy-listening e scanzonato dei primi lavori.

Lonelyplanet è un viaggio nel mondo di ciò che siamo, di ciò che siamo stati e di ciò che potremo essere, dei nostri amori, delle nostre delusioni, dei nostri prologhi e dei nostri epiloghi. E’ un album maturo, non solo nella scrittura vivida e personale di Sardo, ma soprattutto nei suoni, più eleganti e raffinati rispetto al passato. E lo si intuisce immediatamente dalle prime note di La costruzione della notte, accompagnate dal suono del Fender Rodhes e dall’inconfondibile voce di Robertina (sofisticata artista della scena italiana).

Nell’album ci sono alcuni pezzi che fanno da ponte con i lavori precedenti: Nostalgia del futuro, con il suo testo visivo e le sonorità tipiche della powerballad del quintetto piemontese, vagamente influenzata dai ritmi odierni quanto ricercati alla I’d rather dance with you dei Kings of Convenience; Casting, il primo singolo estratto, ricorda molto Il Cronista e Stop, con quella forma di immedesimazione in un ruolo professionale e/o sociale che solo Sardo sa mettere sulla carta e infine Dispari, brano autobiografico in cui lo stesso Sardo gioca sulla maledizione di nascere dopo due gemelli (e già alla base del suo romanzo L’America delle Kessler).

Lonelyplanet perde forse quella leggerezza degli album precedenti, ma acquista senza dubbio in eleganza e bellezza compositiva. Basta ascoltare La pioggia di settembre, brano fortemente battistiano; Ora che non ci sei più tu, che sembra ripescata da una Canzonissima della giovinezza dei nostri genitori, con quella linea di basso alla Cuore matto destrutturata però da un finale elettronico vagamente futuristico. E ancora Mi fido di te, per cui il compositore Nicola Tescari ha scritto la partitura orchestrale o Alta Marea, ballad rarefatta che vede nuovamente la partecipazione di Robertina, a chiudere il viaggio iniziato una cinquantina di minuti prima.

Non c’è che dire: a volte è proprio necessario prendersi una pausa e intraprendere un nuovo viaggio, durante il quale lasciarsi distrarre dal paesaggio, per poi tornare alla vita di tutti i giorni, arricchiti da questa splendida e irripetibile esperienza.

 

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