Lite: Phantasia

Onanisti e complessi, i Lite presentano un lavoro esclusivamente strumentale, dall’innegabile fascino

Lite

Phantasia

(Cd, Transduction Records, 2008)

math rock

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Cominciamo con il dire che questo non è un album per tutti. Non si tratta di sciovinistica presunzione, ma piuttosto del fatto che undici brani strumentali non scaleranno mai la Billboard 200, soprattutto se come ciliegina sulla torta ci piazziamo la palese predisposizione di questi quattro giovani giapponesi per il math rock e le sue ritmiche incasinate.

Non basta: l’accostamento tra un’etichetta irlandese (la Transduction) e un gruppo del Sol Levante ricorda molto quello tra le ostriche e la Nutella…e chi non capisse la metafora provi a chiedere in un ristorante.

Eppure, anche se non lo canterete sotto la doccia, dovreste essere davvero degli irriducibili fan dei Finley per non tributare ai Lite un plauso per la loro brillante tecnica.

Due chitarre, un basso e, soprattutto, una batteria che si intrecciano in brillanti arzigogoli rigorosi e precisi (non per niente sono giapponesi), eppure creativi e stimolanti all’orecchio.

Dagli accenni progressive (Shinkai) al metal anni ’80 (Contra), dai riff in stile funky/jazz (Phantasia) alle ballad romantiche (bella, in particolare la dolce Interlude), i Lite trasformano quello che rischiava di essere un masturbatorio esercizio di stile in un masturbatorio piccolo capolavoro.

Sorge a questo punto un terribile dubbio: non sarà mica che l’ossessione dei giapponesi per la tecnica possa avere anche (in casi rarissimi, per carità) qualche risvolto positivo?

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Valerio Frontini
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