Into My Plastic Bones: Hidden Music

Nonostante l'innesto delle voci in alcune canzoni, il secondo album di questo trio torinese risulta un discreto disco strumentale di sperimentazione noise dai ritmi travolgenti.

Into My Plastic Bones

Hidden Music

(Cd, Autoproduzione, 2008)

noise

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impbI torinesi Into My Plastic Bones pubblicano il secondo album dopo l’esordio di Words I Do Not Say del 2006, un EP strumentale passato in sordina anche per la carenza di testi. Ora gli IMPB sperimentano nuove soluzioni grazie al contributo di tre cantanti che prestano per l’occasione la loro voce per dare una veste narrante alle canzoni.

Il disco continua a risultare una composizione strumentale di noise melodico, con l’appoggio poco incisivo della voce in alcune canzoni come D e Lovely Lovely Lovely usata più che altro come strumento di complemento. Compare anche Screwed Fingers già presente nell’Ep, qui riadattata con maggiori chiaroscuri sonori.

L’atmosfera oscura e paranoica presente in tutti i brani è un compendio ampolloso di ritmi frenetici e ripetitivi, a volte fragorosi e vulcanici, intervallati da momenti melodici tenui e avvolgenti. La chitarra esegue esercizi armonici e pennate vibranti, coadiuvata da un buon comparto ritmico ad opera degli altri due elementi della band.

Sul sito è possibile scaricare entrambi gli album in formato mp3, e visualizzare due videoclip Bleeding Beauty e Camel Tsunami per apprezzare il lavoro della band, oltre a seguire i link su Facebook e Myspace.

Bene o male il disco è ben suonato e si fa ascoltare, ma dopo due album non resta che attendere uno sviluppo maggiormente elaborato con, mi auguro, l’ingresso di un compositore lirico che sappia rendere più completo il sound di un gruppo che, sulla carta, ha delle buone potenzialità per seguire orme di alternative noise cercando di emergere come merita.

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Luca Paisiello
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