Gemiti: Follia

La follia raccontata in chiave elettro-rock da una band italiana che si destreggia tra un mix di suoni 'vari ed eventuali'

Gemiti

Follia

(Cd, Autoproduzione)

electro, indie-rock

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I Gemiti nascono nel 2003 come duo: David (voce/basso) e Sergio (computer) danno vita a un progetto tutto italiano improntato su sonorità rock elettroniche fortemente influenzate dalla musica degli anni ’90, nostrana e non. Con il passare del tempo la formazione si amplia, fino a raggiungere l’attuale line up con l’aggiunta di Saverio (chitarre) ed Enzo (batteria). Dopo la produzione di un Ep, nel 2009 pubblicano il loro primo album, Follia.

Queste 14 tracce, di cui 4 strumentali, sono un connubio tra rock, elettronica, new wave e dark. Ad un primo ascolto, sembrerebbero la perfetta colonna sonora dei film di Dario Argento, con quelle atmosfere vagamente inquietanti (certo, il titolo dell’album non è rassicurante, e i testi lo sono ancor meno); in realtà, sono una trasposizione italiana di sperimentazioni condotte con successo oltremanica od oltreoceano.

I grandi maestri che popolano il loro background si sentono: la band cita tra le proprie influenze Depeche Mode, Cure, Nine Inch Nails…Ci stanno tutti, specialmente nei loro mix di rock, elettronica e new wave, ma le loro canzoni hanno richiamato alla mia mente ben altri nomi: Linkin Park (Modus), Smashing Pumpkins (quelli del periodo Batman, per intenderci) e in particolar modo due band la cui ingombrante presenza aleggia su questo album, forse in modo inconsapevole: Bluvertigo e Subsonica. Chi meglio di loro ha sperimentato, negli anni ’90, generi ed accostamenti per noi italiani impensabili, dato il nostro saldo attaccamento al ‘festival’ e a quanto esso ci proprina di anno in anno?

I Gemiti portano avanti questo filone con liriche dirette, forti e d’impatto, incentrate sul tema della follia, intesa nell’accezione più ampia del termine. Traccia dopo traccia cresce e si evolve, passando dall’ossessione alla paranoia (da Nuove distorte sensazioni a Un’altra pelle), fino alla violenza sessuale (Per non morire e Fredda), per poi trovare una naturale conclusione con Requiem, dove il rock lascia il campo a un’elettronica più pura e meno coinvolta emotivamente.

I pezzi dei Gemiti non sono certo easy-listening né immediati, ma denotano ascolti variegati e la volontà di mettere insieme diverse influenze nel modo più omogeneo possibile. Sarà però difficile riuscire a ritagliarsi il giusto spazio sul mercato musicale, senza rischiare di finire relegati all’ambiente metal, a cui non appartengono in realtà e che, anzi, sminuirebbe il loro intero percorso artistico.

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Simona Fusetta
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