The Cure: recensione e scaletta concerto di Roma, Palalottomatica, 30 ottobre 2016 (+ Twilight Sad)

Chi ha visto i Cure a Bologna il giorno prima, ha assistito a un concerto profondamente diverso da quello di Roma del 30 ottobre 2016. Nella capitale lanciano bordate di psichedelia e di chitarre acidissime

The Cure + Twilight Sad

Roma, Palalottomatica, 30 ottobre 2016

live report

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Il concerto dei Cure e gli altri

Chi ha visto i Cure a Bologna il giorno prima, ha assistito a un concerto profondamente diverso da quello di Roma del 30 ottobre 2016 in quel Palaeur che Robert Smith e soci li ha ospitati diverse volte (struttura che ora si porta appresso l’ingombro di uno sponsor anche nel nome).

Una sorta di bignami per principianti il concerto di Bologna, un bagno di ruvidità e chitarre in acido il concerto di Roma.

I Cure in questo lungo tour stanno portando in giro 40 anni di carriera con almeno 4 scalette diverse, ognuna delle quali viene di volta in volta tarata sull’umore di Robert Smith e sulla città che ospita la band inglese.

A Roma è toccata una tracklist abbastanza sperimentale, ma sono stati soprattutto gli arrangiamenti (complice il lavoro di Reeves Gabriels, con i Cure dal 2012 e per 15 anni chitarrista di David Bowie) che hanno fatto la differenza.

Basti pensare che il main set si conclude con una versione tiratissima e psichedelica di One Hundred Years, a cui viene attaccato il delirio (ancora più esasperato) di Give Me It. Roba per fan incalliti (come chi vi scrive) e non certo per i tanti “verginelli” dei Cure che magari assistono per la prima volta a un loro concerto con l’idea di cantare a squarciagola Lullaby e Friday I’m in Love (che sono comunque eseguite anche stasera).

La stessa A Forest, che i Cure non si stancano mai di suonare e noi di ascoltare, viene rimessa a lucido con un lunga coda affidata ai soli Gallup & Smith, lasciando riposare le tastiere di Roger O’ Donnell e – soprattutto – la batteria di Jason Cooper. A proposito di tastiere: più che per l’infausta acustica della palazzone dell’Eur – stasera manco tanto malaccio – è sembrata una vera e propria scelta quella di mettere il basso a mannaia di Simon Gallup decisamente sopra a tutti, a danno dei synth, invece parecchio arretrati.

I più attenti scopriranno che stasera sono gli estratti da The Head on the Door a farla da padrone, album tra i più eterogenei del gruppo; così come eterogenea è stata la scelta dei brani proposti, mirata a soddisfare anche i fan dall’animo più pop, ma tirando fuori dal cilindro brani come Burn (canzone estratta dalla colonna sonora del film Il Corvo), la già citata Give Me It, ma anche Wrong Number (che viene irrobustita e condita di elementi allucinogeni / allucinatori).

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Cosa è andato bene

Quindi, una serata che ha soddisfatto i fan di lungo corso, chi – come chi vi scrive – i Cure dal vivo li ha visti diverse volte e s’aspettava qualcosa di nuovo. Una scaletta e un concerto che ci hanno ricordato, se mai l’avessimo dimenticato, che Robert Smith è un eclettico chitarrista, prima che un compositore di canzoni che già sono e sono destinate a rimanere nella storia del rock. Gli arrangiamenti proposti hanno in alcuni casi svelato anche la vera natura di alcuni brani, probabilmente edulcorati in fase di produzione discografica (Wrong Number, A Night Like This, From the Edge of the Deep Green Sea…).

La nuova produzione, basata su un nuovo light-set e su cinque mega-screen a sviluppo verticale, non è nulla di particolarmente innovativo, ma è risultata comunque molto efficace.

Cosa è andato storto

In primo luogo i due inediti proposti: Step into the Light è abbastanza imbarazzante, mentre It Can Never Be the Same non è manco male, ma sembra uscita dalle outtakes del capolavoro Disintegration. Il che è abbastanza strano, dato che da almeno tre anni è stato annunciato 4.13 Scream, disco proveniente dalle stesse sessions di 4.13 Dream (forse il peggiore del gruppo).

E se le omissioni di alcune parole in The Walk potevano essere imputati alla stanchezza accumulata nel lunghissimo tour, in Let’s Go to Bed Robert Smith perde più volte il filo della matassa.

Inoltre, alcuni passaggi vocali sono stati volutamente semplificati e privati delle note più acute.

Perché ancora i Cure nel 2016?

Che senso ha un tour mondiale di un gruppo che sono otto anni che non pubblica un disco, che sono tre anni che ne ha annunciato uno nuovo (che non si sa quando uscirà), che sono quattro anni che teoricamente è al lavoro per un cofanetto di video che (dovrebbe) comprendere anche il remastering del mitico The Cure in Orange? Ha senso se la proposta musicale dei Cure è paragonata alla pochezza media della proposta musicale degli ultimi anni, ha senso in virtù della devozione di milioni di fan che la maggior parte degli artisti contemporanei non proveranno mai.

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Il pubblico dei Cure

La folla che ha assiepato il Palaeur (mi rifiuto di chiamarlo col nome appioppatogli dallo sponsor!) s’è piuttosto normalizzata rispetto agli anni scorsi; i gotici sono ormai davvero pochi, ma comunque suggestivi.

Ciò che più ha colpito un vecchietto come me, ora appollaiato in una comoda tribuna centrale, è ricordare come andare a un concerto del genere fino a 10 / 15 anni fa era un po’ come andare in guerra: gli anfibi d’ordinanza servivano a proteggersi, le onde del pubblico in platea facevano paura, ogni scusa era buona per scatenare un pogo selvaggio. Stasera siamo ancora tutti terrorizzati dal terremoto e comunque la platea è praticamente immobile. Vuoi per l’età che avanza per la maggior parte del pubblico, vuoi perché… se hai le mani impegnate a maneggiare lo smartphone… non puoi certo metterti a ballare. (Che tristezza!).

Twilight Sad

La serata è stata aperta dai Twilight Sad, che stanno accompagnando i Cure in giro per il mondo. La loro proposta musicale non disturba e non esalta, troppo figlia dei Joy Division per convincere, ben tinta di modernità per annoiare del tutto.

Concludendo

In conclusione, nonostante i biglietti a costi da salasso (e presi un anno prima!) sono stato contento di aver partecipato anche a questa messa nera dei Cure, che nel bene e nel male non smettono di stupire e – soprattutto – di lasciare occhi e orecchie soddisfatte.

Per dovere di cronaca, segnalo che stasera Robert Smith non ha singhiozzato i soliti ‘kiù, ma s’è prodotto in italianissimi Grazie mille, trasformando l’hallo di Wrong Number in un più italico pronto?!

Setlist / scaletta / tracklist concerto dei Cure, Roma, 30 ottobre 2016

Shake Dog Shake

Fascination Street

A Night Like This

The Walk

Push

In Between Days

Play for Today

Step Into the Light

Pictures of You

Lullaby

Kyoto Song

High

Charlotte Sometimes

Lovesong

Just Like Heaven

From the Edge of the Deep Green Sea

One Hundred Years

Give Me It

Encore:

It Can Never Be the Same

Burn

A Forest

Encore 2:

Want

Never Enough

Wrong Number

Encore 3:

The Lovecats

Hot Hot Hot!!!

Let’s Go to Bed

Friday I’m in Love

Boys Don’t Cry

Close to Me

Why Can’t I Be You?

 

 

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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