Bromance
s/t
(Seahorse & Stand Alone Complex)
post-punk
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Ormai il fenomeno del revival post-punk sta prendendo sempre più piede nel mondo. Non vi è nazione in cui non si trovi una formazione che si sia invaghita di queste sonorità così algide e rigide, dove si dà una “spintarella” alla new wave degli anni ottanta e un’altra al punk medesimo dei grandi gruppi dei settanta. In Italia, chiaramente, non si sfugge a questa legge non scritta e i Bromance sono pronti a ricordarcelo in maniera evidente.
I bolognesi sono sostanzialmente questo e non un gruppo punk come potrebbe sembrare ad un primo ascolto disattento. Con questo EP gli emiliani ci propongono cinque canzoni, tutto sommato molto simili tra loro, in cui a fare la differenza è il cantato di Peter Smith che ricorda davvero quello dei leader britannici di fine anni settanta.
Le atmosfere che vengono fuori da questo mini album sono tetre, nere, buie e le melodie risultano essere difficili da scorgere, come se il gruppo nostrano ti volesse risucchiare negli abissi di una disperazione figlia dei grami tempi che stiamo vivendo.
Non sembra esserci un messaggio di speranza, ma semplicemente un grido di rabbia incontrollata che trova la sua maggiore espressività in canzoni come Blow Me Dice e Twin Chicks.
In Four Season Souvenirs sembra essere ritornati indietro di quaranta anni e più precisamente ai tempi di Gary Numan, mentre Hard Black Suit si rivela una traccia trascinante, grazie al martellante basso di Gianluca Modica.
Chiude il cerchio Doubt On The Balcony Boudoir, sospesa tra chiari riferimenti low fi alla Pavement e un amore mai messo in discussione per l’Inghilterra più metropolitana dell’epoca Thatcher.
N.B.: anche il nostro Vincenzo Scillia ha recensito questo disco, con opinioni diametralmente opposte all’autore di questa recensione (Francesco Brunale). Leggi la recensione di Vincenzo Scillia.
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