Alan+ : recensione di Anamorfosi

Quello di Anamorfosi degli Alan+ è un impervio viaggio introspettivo che si fa soundtrack dell'alienazione urbana, nel tentativo di porre l'accento sull'anatomia etologica della società contemporanea.

Alan +

Anamorfosi

(Urtovox Records)

post-rock, spoken word, trip-hop, groove

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https://youtu.be/mFdYLVTiY4s

 

anamorfosi-recensione-alan+Anamorfosi è il nuovo album del duo post-rock ALAN +, edito per Urtovox Records e anticipato dal singolo/video Ancòra.

Sodalizio e affinità artistiche che i due polistrumentisti toscani, Tony Vivona (già con Dea, Radioattivi e Verde Matematico) e Alessandro Casini (già con i Deadburger Factory), concretizzano in questo progetto ibrido ed eterogeneo composto da dieci tracce dalla grande forza evocativa, che incapsula il dualismo simbiotico che c’è tra poesia e musica; un laboratorio sperimentale fatto di sgargianti e crepuscolari cromatismi, di idee e contaminazioni che girano attorno ad un’elaborata forma canzone cerebrale, nella quale suoni elettronici, analogici, sinfonici, distorti, spaziali e riverberati incontrano atmosfere notturne e oniriche, linee di basso minacciose, psichedelia cosmica, plettri vibranti e beat psychedelic trance.

Nel suo percorso tematico e metaforico, Anamorfosi si focalizza sulle deformazioni prospettiche, anche definite anamorfiche, di un processo ottico in cui l’angolazione, l’inclinazione e l’esatto punto di osservazione diventano fattori determinanti per quella che può essere la manipolazione della realtà, mettendo in rilievo profondità e spessore quali chiavi di lettura del pensiero asimmetrico, che da bidimensionale si distorce in tridimensionale, ottenendo, così, effetti imprevisti e messaggi crittografici.

Producendosi in un soundsystem emotivo che vive di solitudini abissali e sensazioni d’ansia e inquietudine, Tony Vivona e Alessandro Casini recuperano, da un lato, quel paradigma narrativo (spoken word) che, circoscritto al perimetro nazionale, rimanda chiaramente ad oscuri echi new wave anni ’80 e (forse troppo?) al songwriting dei Massimo Volume, e dall’altro esaltano quel mood esterofilo che, nel suo incedere circolare e ripetitivo, dilata e comprime il suo diaframma tra le frequenze ambient noir dei newyorkesi Bowery Electric e le onde trip-hop del polistrumentista francese Hugo Kant, fino a sfiorare, come piccole falene, in maniera quasi istintiva e involontaria, la luce artificiale di certo futurismo, algido e post-industriale, di matrice kraftwerkiana.

Intarsiando con maestria artigiana tasselli fondamentali di un variegato mosaico sonoro, gli Alan + colpiscono allo stomaco con tutta la fisicità e l’immediatezza comunicativa del rock, per poi ritirarsi e contorcersi nell’indole angosciosa che contraddistingue l’intimismo darkwave, opponendosi all’intensità di quel caos metropolitano, fatto di bagliori chitarristici psicotici, pulsazioni sonore ipnotiche, groove densi e narcotici e ritmiche sincopate, attraverso l’effetto sedativo di momenti lounge arpeggiati, riflessivi, liturgici, notturni e catartici.

Con Anamorfosi, gli Alan + cercano, dunque, di porre l’accento sull’anatomia etologica della società contemporanea, analizzando trasversalmente le sue effimere sovrastrutture etiche e algoritmiche, basate su illusioni, contraddizioni e inganni, e tratteggiando tutte quelle dinamiche comportamentali di kafkiana memoria.

Quello degli Alan + è un impervio viaggio introspettivo che si fa soundtrack dell’alienazione urbana: il racconto di una strada chiamata destino, a metà tra asfalto e cielo, che trascina con sé fardelli non nostri, di una terra che sembra non appartenerci più, e che mette in rilievo come l’essere umano abbia ormai imparato a convivere con tutti i suoi orrori quotidiani, rassegnandosi passivamente a ciò che accade, al punto di cadere nel paradosso di auto-anestetizzarsi da ogni genere di emozione, finendo così per ripetere in eterno i propri errori… ancòra e ancòra.

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