A Will Away: la recensione di Stew

Terzo full length degli americani A Will Away, che passano dall’emo ad un indie rock leggero e accattivante.

A Will Away

Stew

(Rude Records)

alternative rock

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A Will Away recensione di StewGli A Will Away arrivano dal Connecticut e hanno rilasciato in dieci anni tre dischi e una serie di Ep. Questa nuova uscita discografica, Stew, è un disco che mescola il moderno rock per teenagers alle influenze british negli 11 brani di alt rock morbido e solare.

Un disco che può accompagnarci alla primavera anche se lo “stufato” che dà il titolo nel disco offre più l’idea di uno di quegli inverni noiosi in cui a tavola da quelle parti si mangia carne a lunga cottura che i nonni lasciavano cuocere sulle stufe.

Ma il sapore di questo album è generato dall’attesa di un risveglio, di pensieri sognanti cantati in Spittin’ Chiclets, Parachute, Hereditary e di un alt rock brillante e spensierato come nella radiosa The Rock e la passionale e brillante Karma , la mia preferita, che però l’orecchio sembra aver assorbito da canzoni che ci riportano agli anni 90, come in I’ve got a Five il cui assolo ricorda quelli strazianti, ma placidi ed emotivi, dei Dinosaur Jr.

 

 

In questo album i quattro musicisti si sono allontanati dall’attitudine emo rock che aveva contraddistinto finora i loro lavori, con la voce di Matthew Carlson capace di buone sfumature e in grado di far passare via una quarantina scarsa di minuti in un piacevole ascolto, tra brani che abbracciano un melenso pop rock in Re-Up, all’indie rock di Montezuma Blue che spruzza sottotraccia persino del reggae, commuovendoci con la conclusiva Rubbed Out a matrice blues.

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Luca Paisiello
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