Varanasi: recensione di Cattedrali Per Principianti

Dalle ceneri dei Japan Suicide nascono i Varanasi. Cattedrali Per Principianti è il debut album che sposa il passato sognando il futuro.

Varanasi

Cattedrali Per Principianti

(Dischi del Minollo e Conza Press)

alt rock, shoegaze, canzone d’autore

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Da poco in circolazione Cattedrali Per Principianti, il debut album dei neonati Varanasi, plasmati sulle ceneri degli indimenticabili Japan Suicide.

Sì lo ammetto, in certe occasioni divento nostalgica perché i Japan Suicide sono stati davvero una splendida realtà italiana dal sapore internazionale che in pochi anni erano riusciti ad incontrare il favore di pubblico e critica specializzata grazie ad un sound personale e riconoscibile complice la voce diversa da tutte le altre (canzoni come Naked Skin rimarranno indelebili nella mia memoria) ma la vita va avanti, la musica a volte cambia forma e spesso tende a rispecchiare il mood del momento in ambito artistico e personale.

Così, avvenuta la metamorfosi in Varanasi, Stefano Bellerba (chitarra/testi/voce), Matteo Bussotti (batteria), Matteo Luciani (basso/drone machine/sintetizzatore), Leonardo Mori (organo/piano/sintetizzatori) e Saverio Paiella (chitarre) presentano il loro primo full-lenght  in formato digitale, realizzato in collaborazione con I Dischi del Minollo e Conza Press, registrato, mixato e masterizzato da Maurizio Baggio presso La Distilleria – Produzioni Musicali di Bassano del Grappa.

Pur navigando su sonorità cupe ed aggressive, i Japan Suicide avevano già manifestato interesse per altri generi e forse, in questo momento storico, proprio per risultare coerenti fino in fondo, hanno sentito il bisogno di cambiare rotta. Il risultato pesca a piene mani nella tradizione cantautorale degli anni Novanta (compresa la scelta di abbandonare la lingua inglese) mescolando il tutto con vibes oscuri dal profumo post-punk, suggestioni shoegaze e perfino qualche eco post-rock.

Il disco scorre lineare e piacevole, alcuni capitoli fanno tornare alla mente alcune produzioni di band come Afterhours e Verdena, i brani girano bene, talmente bene da risultare assai orecchiabili ma senza dubbio a Lucy, o L’Odore Della Notte, o ancora Stelle Nere, preferisco di gran lunga gli atterraggi morbidi e inquieti delle due tracce finali, Hiroshima Mon Amour e Torneremo a Prenderci, che raccontano con malinconia palpabile il lato della band che più mi affascina e più mi convince.

“Un’ambizione sproporzionata e forse non corrisposta eppure irresistibile; tenere insieme il post-punk, lo shoegaze, la psichedelia e la canzone italiana, muovere i primi passi con un nuovo progetto dopo anni di lingua inglese. Cambiare per non cambiare. Tuffarsi lentamente oppure bruciare lentamente, per sempre lassù. Forse ci si trova a Benares come gli amanti di Hiroshima, attraverso i disastri; Shiva, distruttore di mondi, signore delle lacrime; Parvati la strega, distruttrice di uomini, un’oasi d’angoscia in un deserto di stelle nere; Lady Lazarus; figli della mezzanotte, il tempo è nemico, il tempo divora. Ora mettiamoci un po’ di gente. Che cattedrale è senza la gente?”: questo affermano i Varanasi ed io sono convinta che in qualche modo abbiano ragione.

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