Talea: recensione di Aura

Talea è un'artista trasversale e il suo Aura è un disco che sa emozionare.

Talea

Aura

(Vrec Music Records)

indie-pop

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La scoperta di Talea, almeno per il sottoscritto, è arrivata all’interno del programma televisivo meno probabile da trovare su questi schermi, ovvero X Factor. Lì, Cecilia Quaranta (questo è il suo nome e cognome), dimostrò a tutti il proprio incredibile talento, con delle performance di assoluta qualità, che, però, non le valsero il successo che avrebbe meritato.

Spentesi le luci della ribalta, la cantante si è rinchiusa in uno studio e, dopo mesi di intenso lavoro, ha fatto uscire questo piccolo gioiello che risponde al nome di Aura.

Le undici canzoni presenti all’interno dell’album, tra cui una interessante cover di Amandoti dei CCCP in cui vi è l’ospitata di Antonio Aiazzi, persona che non ha bisogno di presentazioni, sono dei riusciti affreschi cantautorali in cui l’artista riesce a fondere la tradizione delle grandi voci degli anni settanta e ottanta con le sonorità che vanno in voga adesso.

Questo disco, dunque, è la giusta fusione tra passato e presente, in cui tutto è messo al punto giusto, anche grazie all’ottimo lavoro in sede di regia dell’instancabile Flavio Ferri (Delta V).

Dall’iniziale Tempie sino alla conclusiva Bianco, passando per l’ottima Ombre e per la coinvolgente Spigoli, ci si rende conto della bravura di una musicista che ha il merito di non alzare mai la voce per farsi apprezzare.

Degna di nota è, poi, Vuota, probabilmente il brano meglio riuscito del lotto, capace di emozionare e di prendere per la gola l’ascoltatore.

A chiosa di tutto cosa si può aggiungere oltre le parole che sono scritte in questa recensione? Probabilmente la migliore opzione da scegliere è quella, anche per i rockers più intransigenti, di dare una grandissima chance a Talea, perché con lei si entra nel difficile campo degli artisti trasversali che sono in grado, grazie a un talento più unico che raro, di saper emozionare ed essere convincenti con una proposta mai banale, ma di qualità.

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Francesco Brunale
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