Statues: recensione di Black Arcs Rising

Gli Statues con Black Arcs Rising ci riportano negli anni '90: tirate fuori il vecchio paio di Vans, i jeans più a tubo che avete, una felpa con un cappuccio comodo per tenere sotto un paio di cuffie e il vostro più fidato skate.

Statues

Black Arcs Rising

(Lövely Records)

alternative rock, indie-rock, indie-punk

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I quattro quarti staccati, tre con le bacchette e uno sul rullante di Magnus Öberg ci avvisano subito che la strofa del pezzo che apre Black Arcs Rising ci porterà indietro di parecchio tempo. Underground apre il terzo lavoro degli Statues con estrema precisione, sintesi e promessa di tutto ciò che andremo ad ascoltare. Titolo perfetto che rimanda a tutte quel garage e alternative, che negli anni 90, a colpi di Foo Fighters, ha scavato nel mainstream, un centimetro alla volta, fino a diventare parte del mainstream stesso.

Chemicals conferma subito il concetto, qualora ci fossero dubbi, che la direzione è esattamente quella intuita con Underground: Alternative di vecchio stampo nella scrittura e moderno nel suono (soprendentemente heavy, distorto e ricco di bassi).

Chiarito il concetto, con Sardonic Grin gli Statues si sono concessi un respiro più ampio, riportandoci appunto, ai giorni nostri.

Fanno così capolino altre influenze che hanno evidentemente pesato in fase di composizione: indie a cavallo del millennio e Idles, ormai oggi riferimento imprenscindibile per chiunque si affacci al movimento alternative.

Non solo. Ad un orecchio attento Phantasm e Hiding in a Hole portano in dote al disco una quota parte di punk revival di stampo nordico, alla maniera dei connazionali e storici Backyard Babies.

Stesso discorso per Dead of Summer che la si potrebbe ascoltare durante un festival, intorno alle cinque del pomeriggio, così come a bordo piscina un venerdì sera; quando la band più brava del college, fa il concerto della vita per un party organizzato dalla confraternita di turno.

Bestiary, che chiude il lavoro, e Sardonic Grin sono i pezzi che spiccano di più.

Disco interessante anche per chi è poco avvezzo al genere, come me, e buona occasione per rispolverare il movimento in chiave moderna.

Proprio questa aderenza al manifesto del genere, porta con se l’unico neo del lavoro: l’estrema sintesi dei pezzi, vincolo e prerogativa del genere, potrebbe aver sacrificato alcuni temi melodici interessanti, che forse valeva la pena fossero sviluppati in modo più ampio.

Godibile.

 

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