The Paper Kites: recensione di At the Roadhouse

Il nuovo album degli australiani The Paper Kites non è solo una raccolta di canzoni, ma un luogo fisico che rappresenta il coronamento di un sogno e la creazione di qualcosa di nuovo sotto diverse forme.

The Paper Kites

At the Roadhouse

(Cd, Nettwerk)

indie-folk, folk

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Quando un album non è solo una serie di canzoni ispirate da un particolare momento della propria esistenza, ma un vero e proprio progetto di vita che si traduce persino in un luogo fisico, ecco che la musica prende un significato ancora diverso, persino tangibile nella profondità dei tasti che tocca in fase di ascolto. Questo è quello che è successo a The Paper Kites, band australiana di indie-folk al suo sesto lavoro in studio.

At the Roadhouse non è semplicemente una raccolta di pezzi nuovi, ma un sogno a lungo coltivato diventato realtà. Da anni il quintetto capitanato da Sam Bentley desiderava dar vita a un posto dove ascoltare musica che racchiudesse in sé il meglio di ciò che c’era già in circolazione. E l’hanno finalmente trovato a un centinaio di chilometri da Melbourne, in una vecchia casa di epoca vittoriana.

Con l’aiuto di amici e colleghi, hanno trasformato quello spazio in un luogo nuovo. E approfittando dello studio di registrazione analogico realizzato nel fienile dal precedente proprietario, hanno registrato l’album e iniziato a farlo sentire alla gente il venerdì e il sabato sera, durante le loro performance improvvisate nel nuovo locale.

Tutta questa serie di eventi e stati d’animo si riflette chiaramente nelle 16 tracce che compongono At the Roadhouse. Tracce vibranti che mostrano una band in perfetta sintonia, un senso di equilibrio e di appartenenza che si è creato anche nella comunità che ha iniziato a frequentare il loro ritrovo. Una dolcezza pervasiva e avvolgente emana dalla voce di Sam Bentley e si mischia a un sound caldo e pieno di sentimento, che cattura con la sua magia.

Alfieri incontestati del genere indie-folk, si mantengono all’interno di questo registro per gran parte del disco, variando tra ballad e pezzi country, senza disdegnare qualche incursione nel blues (Black & Thunder) e nel rock (June’s Stolen Car).

Unica nota dolente di questo delicato album di The Paper Kites è la lunghezza: la scelta di pubblicare 16 brani (quasi tutti di durata variabile tra i 4 e i 6 minuti) fondamentalmente molto simili tra loro non si rivela vincente. Anche se i musicisti hanno giocato sulla scelta della strumentazione per cercare di vivacizzare l’andamento generale, questo elemento non è bastato per tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore fino alla fine e per giustificare il minutaggio totale.

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Simona Fusetta
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