Michele Mingrone: recensione di La Grande Notte

C’è tanto cantautorato di qualità in questo esordio discografico di Michele Mingrone, La Grande Notte, che ci regala un pugno di brani introspettivi che viaggiano in bilico tra richiami rock, blues e country.

Michele Mingrone

La Grande Notte

(VREC RECORDS)

canzone d’autore

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C’è tanto cantautorato di qualità in questo esordio discografico di Michele Mingrone, La Grande Notte, che ci regala un pugno di brani introspettivi che viaggiano in bilico tra richiami rock, blues e country.

Con la sua chitarra, l’artista fiorentino ci regala un affresco importante della propria arte, grazie a delle canzoni interessanti, che richiedono, come è giusto che sia, tanti ascolti prima di essere assimilate alla perfezione.

In molti casi, volendo chiudere gli occhi, sembra di riascoltare i mitici Gang, tanto è la profondità dei testi e l’amichevole sonorità di una chitarra che non è mai invasiva e che ha il merito di accompagnare con classe l’artista in questione.

Le sue ballate non hanno la presunzione di essere invasive, ma colpiscono nel segno, perché mantengono un tono basso, quasi sommesso, dove tutto appare calmo e leggero.

Dall’ottima opener Poteva Essere Più Semplice, passando per Palazzo di Vetro e concludendo con la delicata bonus track Jolenela qualità del prodotto si mantiene sempre costante.

A volte, pare imbattersi in una sorta di maledizione nera nelle note che si ascoltano, tipica di gente come Tom Waits o Mark Lanegan, a dimostrazione di come la tradizione cantautorale nostrana si possa tranquillamente unire con quella dei grandi pezzi da novanta che hanno popolato il mondo del rock (e non solo) oltre le Alpi.

In tutto questo non mancano neanche ospitate di rilievo come quelle che vedono protagonisti musicisti del calibro di Francesco Fry Moneti (Modena City Ramblers), SaraVettori (Auge) e MicheleLombardi (Scaramouche).

Da segnalare, infine, è anche la traccia Lunga È La Notte che mette in musica una poesia di Peppino Impastato.

Insomma, con La Grande Notte ci troviamo dinnanzi ad un lavoro colto e raffinato che dovrebbe trovare terreno fertile tra le coscienze di chi è cresciuto con le note suonate dai grandissimi della nostra musica cantautorale quali De André e Gaber, tanto per citare due giganti del genere.

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Francesco Brunale
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