xBProject: Vite A Consumo

Rockshock vi racconta i suoni ibridi ed elettronici di Vite A Consumo e ha una breve conversazione con il principale fautore di xBProject, che ci parla di ispirazioni e lavori in cantiere

xBProject

Vite A Consumo

(Cd, Autoproduzione)

elettronica, trip hop

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vite a consumoUn insieme di trip hop, musica elettronica, inquietudini postmoderne in chiave morbida ed ipnotica, rock e musica leggera. E suggestioni quasi cinematografiche, come una colonna sonora eterea ma allo stesso tempo disincantata della vita quotidiana di questo strano, cupo, iridescente primo decennio del nuovo millennio. Che è finito e che lascia con l’amaro in bocca e un pesante fardello di sogni e disillusioni, tutte cose che Vite A Consumo, l’album di xBProject , cerca di evocare.

Va detto che non è un album facile da digerire per chi non ama la musica elettronica, e che a volte alcuni passaggi sanno un po’ troppo di già sentito.

Nonostante questo, in Vite A Consumo si ritrovano molti elementi eterogenei, nella cornice dei due estremi (Intro e Fotocopia), pezzi parlati e venati di nero. Si va dal flebile effetto xilofono in un contesto dai toni orientaleggianti (Volo) al clima sospeso e lento di Libera La Mente, alla commistione di effetti, rumori, parole, che catturano nello svolgersi di Lentamente.

I ritmi diventono più rapidi e stringenti in Stereo Stile Stanze, che inizia in modo soffice e malinconico; nell’elettronico Pietre. Il quadro si fa da brano d’altri tempi con il clima da sala da ballo di Tu Sorriderai Sempre, con tanto di sottofondo di fisarmonica e parole che diventano quasi un mantra, e con i fiati un po’ tristi che accompagnano i toni intimisti e dimessi di L’Ultimo Ancora.

Di recente Rockshock ha avuto modo di fare qualche domanda a Filippo Morera (xBProject), che ci ha raccontato del suo disco, della sua formazione e dell’imminente declinazione di Vite A Consumo come spettacolo multimediale.

RockShock: prima di tutto, puoi raccontarci il disco e il progetto Vite A Consumo: come lo descriveresti, come nasce, cosa significa per te?

Filippo Morera: nulla è più rappresentativo della nostra epoca e della nostra condizione umana del termine “consumo”. Il tempo ci logora, la vita ci disfà mentre noi stessi ne consumiamo la vitalità. La società poi ci vuole consumatori, ci vuole ordinati in fila alle casse o raccolti attorno al focolare catodico. Ho voluto cogliere tutto questo, metterlo in rima, donargli armonie e vestirlo di immagini usando la stessa “società dello spettacolo” per trovare materiale e idee che fossero l’essenza spettacolare del mia critica sociale all’individuo moderno.

RockShock: hai studiato pianoforte, chitarra classica e folk, canto, chitarra elettrica, basso, ti sei interessato di musica brasiliana, musica elettronica, hai suonato in un gruppo punk. Mi ha colpito il fatto che hai avuto una formazione così eclettica. Cosa ti spinge a sperimentare stili, generi, mezzi sempre nuovi, e quale ritorno ti dà questo spazio di manovra molto ampio?

Filippo Morera: i grandi artisti sono tali quando intuiscono esattamente la loro inclinazione e la cavalcano aggiungendo al talento, caparbietà e determinazione. Nascere con il libretto delle istruzioni, però, è una fortuna concessa solo a pochi eletti. Per noi comuni mortali è tutto un esperimento continuo, un fondere, un fare e disfare. Mi sento molto artigiano in questo, ma è una condizione che vivo con estrema partecipazione perché immersa in un processo creativo che non ammette preconcetti e apre continui spiragli verso evoluzioni impreviste e sorprendenti.

RockShock: quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Filippo Morera: nel futuro più prossimo abbiamo un appuntamento importante per il 13 Aprile, quando metteremo in scena al Palladium lo spettacolo multiartistico di numeroatomico82 [che prevede i suoni dell’album di xBProject accompagnati da videoproiezioni e azioni prese in prestito da diversi media artistici, ndr], organizzato in collaborazione con il collettivo di Traslochi ad Arte nell’ambito della manifestazione Roma Europa Festival e grazie al supporto della Provincia e dell’Associazione Culturale Colle della Strega. Per il dopo, sempre grazie alla collaborazione con Traslochi ad Arte, ci stiamo già impegnando per nuove date su Roma. Siamo inoltre in concorso per ItaliaWave, l’Heineken Jammin Festival e Roma Europa Web Factory.

RockShock: da quale esigenza nasce l’idea/necessità di fondere la musica e altre forme espressive? C’è qualcosa che secondo te la musica non può comunicare, dei territori in cui non arriva?

Filippo Morera: la musica e le immagini rappresentano linguaggi con grammatiche e dinamiche differenti, che possono quindi essere interpretati a vari livelli dallo spettatore più smaliziato o affettati su una sola dimensione per il monoglottico. Come uno stesso libro viene tradotto per aumentarne la divulgazione, così il concetto di “vite a consumo” è stato non solo tradotto, ma volutamente stratificato perché potesse essere fruito da tutte le angolazioni espressive disponibili.

RockShock: i mezzi digitali con cui fare (tra l’altro) musica sono molti, la musica ha trovato in Internet un canale di promozione e distribuzione potentissimo. Cosa ne pensi, come è secondo te la situazione rispetto al passato?

Filippo Morera: il digitale ha significato una rivoluzione profondissima nelle dinamiche di distribuzione ed economiche della nostra epoca, in particolare nell’ambito musicale. Oggi produrre della musica di qualità (tecnica), non è più per pochi: i dischi si fanno in casa, la distribuzione segue i canali liberi di internet. Stiamo andando verso un mondo in cui il possesso non esisterà più, dove l’oggetto sarà dimenticato e ne rimarrà solo l’essenza fatta di bit. Tutto questo ci obbligherà ad investire di più sulla qualità (artistica) del prodotto mettendo così le basi per un nuovo stadio culturale, con tutte le fortune e i rischi impliciti in una simile prospettiva.

RockShock: quali sono le tue influenze, a livello musicale? Ma anche le cose che ti ispirano, senza essere per forza legate alla musica?

Filippo Morera: molte delle influenze che catalizzano la mia produzione in effetti, non sono propriamente legate ad uno spunto musicale. Nascono spesso come concetto astratto per poi incontrare armonie e suoni attraversando le colonne sonore di un’intera vita. Parlo dei dischi di Milva e Battiato suonati sul Sanyo dei miei genitori, delle sonate di Crosby, Stills, Nash & Young, dei Led Zeppelin rifatti alla chitarra, del grunge degli Stone Temple Pilots, delle sonorità elettroniche dei Portishead.

Oggi continuo nel tentativo di rappresentare la società attraverso i mezzi espressivi che più mi appartengono senza smettere di cercare ulteriori tecniche, tecnologie e collaborazioni che amplifichino le prospettive della mia musicalità.


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