Effenberg: Il cielo era un corpo coperto

Un artista (e un album) in cui convivono armoniosamente anime diverse, in un tuffo musicale tra passato e presente, con una struttura compositiva abbondantemente sul filo della modernità. Tutto questo è Effenberg.

Effenberg

Il cielo era un corpo coperto

(Curaro Dischi)

indie, pop, canzone d’autore

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recensione Effenberg- Il cielo era un corpo copertoEffenberg è il nome di un calciatore tedesco, preso in prestito da Stefano Pomponi nel 2015 per portare in giro la sua musica. Con Elefanti per cena si fa conoscere come una delle realtà più promettenti del panorama cantautorale nostrano. Dopo una serrata attività live, concerti in carcere e canzoni per film e Legambiente, ritorna con un altro lavoro in studio. Il cielo era un corpo coperto è un disco completo e ambizioso, nel quale l’artista non ha paura di mettersi a nudo e di dare voce alla propria forma di cantautorato in bilico tra classicità e modernità.

Il cielo era un corpo coperto è un viaggio nell’animo umano in cui Effenberg parla di sé, della vita e della morte in modo schietto, interpretando una poetica esistenzialista fortemente intimista, espressione della propria quotidianità. Le tematiche trattate sono il tempo, l’amore, i rapporti umani: elementi ciclici, spesso visti in un’ottica diversa, che regala sembianze del tutto nuove.

Anche dal punto di vista musicale si evince la dualità che insita nell’artista: un lato dark e malinconico contrapposto a uno pop e immediato, la canzone d’autore degli anni ’70 a braccetto con un’elettronica minimale. Capace di calarsi in tutte queste atmosfere in modo naturale e armonioso, traccia dopo traccia Effenberg ci porta per mano nel suo mondo onirico ma reale, fatto di presepi viventi animati dai reietti della società, di Buddha con Napoleone e di ricordi d’infanzia.

L’album si apre con Uccellino, con le sue atmosfere dark e malinconiche che verranno riprese da Lucciole. Il singolo Buddha con Napoleone ci introduce invece in un universo pop, con un sound più leggero che sembra ricordare le produzioni anni ’90. Sul mare è di certo uno dei brani più classici, sia per l’imperare del soggetto amoroso che per gli arrangiamenti, mentre Altre cose degli abissi è une vera perla. Dedicata alla pittrice Beatrice La Visionaria, scomparsa prematuramente nel 2017, in questo pezzo ci sono tutti i temi cari all’artista (il tempo, la notte, l’amore, il mare) insieme a una riflessione sulla spiritualità in ottica laica.

Ancora la figura religiosa che ritorna in Presepe, anche se in questo caso i Re Magi sono gli emarginati che nel parcheggio di un supermercato cercano spiccioli e sigarette da regalare a Gesù. Orietta è una fotografia un po’ nostalgica dell’infanzia, in cui l’autore attendeva la madre in macchina fuori dal negozio di vestiti di un’amica. Ma invece ci offre un punto di vista su un periodo della nostra vita dove tutto era possibile e niente era così come sembrava.

Quello che voglio, registrata in casa, dà spazio ad aspetti scomodi e imbarazzanti di ognuno di noi che spesso non abbiamo il coraggio di palesare. Il mood dark trova conclusione nella title track, un tema in 6/8 con una riflessione surreale sulle cose mai dette e mai fatte, che si chiude con un finale epico che riporta il tempo dispari in 4/4 come a cercare di riaggiustare ogni cosa.

Il cielo era un corpo coperto è un disco a cui è difficile trovare dei difetti. Lungo il giusto, con testi che raccontano e comunicano davvero qualcosa di e a qualcuno. Uno stile personale, capace di trovare il giusto connubio tra classico e moderno, destinato a incontrare il gusto dei nostalgici e dei giovani d’oggi.

 

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Simona Fusetta
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