Noel Gallagher’s High Flying Birds: recensione concerto di Milano, 14 marzo 2015

Noel Gallagher scende in Italia per promuovere Chasing yesterday, il suo secondo album solista. E lo showcase al Fabrique è, manco a dirlo, il solito successo preannunciato

Noel Gallagher’s High Flying Birds

Fabrique, Milano, 14/03/2015

live report

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Noel Gallagher’s High Flying Birds recensione concerto milano 2015

Noel Gallagher è Noel Gallagher da ormai vent’ anni: che calchi i palchi di mezzo mondo come chitarrista e songwriter degli Oasis o come solista con i suoi High Flying Birds il risultato è sempre lo stesso. Prevendite esaurite nel giro nel giro di dieci minuti e fans di tutti i generi e di tutte le età in trepidante attesa della sua venuta. Di certo non è Dio, ma di sicuro nel libro della storia del Brit Pop anni ’90 il capitolo principale porta il suo nome. Da un paio di settimane è uscito il suo nuovo album, Chasing yesterday, e un altro tassello si aggiunge così al puzzle della sua carriera. Se ce ne fosse stato ancora bisogno, questi dieci pezzi sono la conferma che il peso di questo artista nel panorama musicale non si è alleggerito nel momento in cui ha lasciato la band di Manchester.

Il Fabrique di Milano ospita la prima calata di Noel in Italia, che sceglie sempre – forse per eccesso di cautela? – venue molto piccole per i suoi showcase. Quando alle 21 precise sale sul palco con la sua band, è lecito pensare che abbia fatto un patto con il diavolo: è fisicamente lo stesso ragazzo di un tempo, con lo stesso atteggiamento strafottente e l’abbigliamento di chi esce a bere una birra con gli amici. Il suo marchio di fabbrica. D’altronde, come lui stesso ha sottolineato in passato, non è un intrattenitore, ma uno con cui cantare qualche bella canzone. E chi lo segue non si aspetta niente di più. E niente di meno.

L’intro Shoot a hole richiama gli ultimi ritardatari sotto palco e il concerto inizia con Do the damage: scelta azzardata aprire con una bonus track, l’ennesima riprova del totale menefreghismo che pervade il chitarrista di Manchester, da non vedere come accezione puramente negativa, quanto come componente preponderante di un ego grosso come l’universo. Si prosegue con due estratti dall’album omonimo di debutto – (Stranded on) The wrong beach ed Everybody’s on the run – per poi lasciarsi andare al primo e nostalgico tuffo nel passato, con una versione decisamente più acustica di Fade away. Spazio quindi a qualche nuova hit: il primo singolo uscito, In the heat of the moment, Lock all the doors, dal vago sapore Oasis 1996, e la bellissima Riverman. The death of you and me dimostra che i cori da stadio non partono solo sui pezzi scritti per la sua vecchia band, ma anche per quelli che ormai per i fans sono diventati già dei classici.

La sapiente alternanza di brani vecchi e nuovi viene spezzata da momenti amarcord per dare il contentino a quelli che vanno ai suo concerti con la maglia degli Oasis. A parte la velata stoccata, non nascondo che anche a me, fan della prima ora che però non auspica un ritorno di fiamma tra i fratelli Gallagher, la lacrimuccia è scappata risentendo Champagne Supernova. Cavalcata verso il gran finale con Ballad of mighty I, Dream on, The dying of the light, che puzza tanto di prossimo singolo, The Mexican, che invece sa di riempitivo e AKA…Broken arrow.

Appena prima di chiudere lasciando il pubblico cantare If I had a gun…, parte il brano che non ti aspetti: Digsy’s dinner, un nonsense a base di lasagne arrivato direttamente da Definitely maybe. Classica e breve uscita di scena prima di tornare con tre encore che da soli sarebbero valsi il prezzo del biglietto: Don’t look back in anger, AKA… What a life! e the Masterplan, ad accontentare chi era tra il pubblico già durante il tour del 2011 e la richiedeva a gran voce. Sulle note di questo splendido brano nato come b-side di Wonderwall, si chiude una performance di un’ora e quaranta semplice, scandita da qualche immagine e gioco di luce alle spalle della band, senza fronzoli, diretta e soprattutto molto soddisfacente. Una di quelle serate che non vorresti finisse mai, perché su quel palco è come se passato, presente e futuro si riunissero nello stesso momento.

Forse non riuscirà mai a togliersi di dosso l’etichetta di Oasis man, ma infondo se gli Oasis sono stati un pezzo della musica britannica è merito suo. Sono e resteranno sempre parte di lui. Quindi, come dice Noel stesso, è ora di guardare al futuro senza rimpianti e rancori. E di continuare per la propria strada a fare musica senza dover per forza dimostrare qualcosa. Arrivederci a luglio, quando i Noel Gallagher’s High Flying Birds saranno protagonisti di alcune kermesse estive del nostro bel paese.

Setlist:

–       Shoot a hole

–       Do the Damage

–       (Stranded On) The Wrong Beach

–       Everybody’s on the Run

–       Fade Away

–       In the Heat of the Moment

–       Lock All the Doors

–       Riverman

–       The Death of You and Me

–       You Know We Can’t Go Back

–       Champagne Supernova

–       Ballad of the Mighty I

–       Dream On

–       The Dying of the Light

–       The Mexican

–       AKA… Broken Arrow

–       Digsy’s Dinner

–       If I Had a Gun…

 

Encore:

–       Don’t Look Back in Anger

–       AKA… What a Life!

–       The Masterplan

 

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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