Miriam Mellerin: recensione album omonimo

Inutile girarci intorno: l'album d'esordio dei Miriam Mellerin è assolutamente da ascoltare. Sperando che la band riesca presto ad avere la visibilità che merita

Miriam Mellerin

Miriam Mellerin

(Cd, Autoproduzione)

post-rock, noise

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Ultimamente mi è capitato di rado di essere catturata da un album al primo ascolto: di solito, i troppo chiari rimandi a lavori di altri gruppi mi infastidiscono quanto la mancanza di originalità. Poi, a random nel mio iPod è partito un pezzo dell’album omonimo dei Miriam Mellerin e mi sono stupita di quanto suonassero già come una band con grande esperienza, perfettamente in linea con le diverse realtà presenti nella mia libreria. Non occorre essere per forza originali e innovativi: basta fare proprie le influenze che inevitabilmente caratterizzano tutti i musicisti e amalgamarle con personalità e stile. Forse è un po’ presuntuoso dire che il terzetto pisano è già riuscito a fare tutto questo, ma di sicuro è sulla buona strada.

L’album si apre con Parte di me, che dà subito un’idea ben chiara del sound del gruppo. Chitarra, basso e batteria: una formazione minimal per un suono pieno e corposo. Rock dal vago sapore internazionale che si sposa con la lingua italiana, talvolta declamata, altre urlata, per comunicare testi che di banale non hanno neanche la scelta dei termini da impiegare. Made in Italy e Insetti danno consistenza e concretezza a uno stile che unisce vecchio e nuovo: i Marlene Kuntz incontrano il Teatro degli Orrori, l’alt rock d’oltre oceano si sposa con l’urgenza di far crescere la ormai da troppo tempo emergente scena italiana.

Trust e B.H.O.O.Q. si discostano leggermente dai primi brani: entrambi sono cantati in inglese, quasi a dare più ampio respiro alla musica di questa formazione, ma nel primo è preponderante l’influenza del grunge di fine secolo scorso, mentre il secondo è più post punk, con una declinazione spagnoleggiante sia a livello di testi che di melodia, grazie in particolar modo all’inserimento della tromba.

L’album si chiude con Stilnovo, che prende in prestito il testo di Cecco Angiolieri S’i fossi foco, per vestirlo di contemporaneità hardcore e di un pizzico di psichedelia. Le 7 tracce contenute nel mini album dei Miriam Mellerin sono variegate e riccamente strutturate, anche se supportate da tre soli strumenti. Un incessante alternarsi di ritmi pronti a esplodere in una sorta di caos ordinato.


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