Massimo Zamboni: recensione di La Mia Patria Attuale

Massimo Zamboni entra a gamba tesa nella eletta schiera dei cantautori. La mia patria attuale è un j'accuse affilato e pungente rivolto ad un Paese nel quale l'odio, la diffidenza e la chiusura in noi stessi sono divenuti gli unici punti di incontro.

Massimo Zamboni

La mia patria attuale

(Universal Music Italia)

indie folk, canzone d’autore

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Massimo_Zamboni_La_mia_patria_attuale_recensioneMassimo Zamboni entra a gamba tesa nella eletta schiera dei cantautori. Ne La Mia Patria Attuale propone l’analisi chirurgica di un Paese alla deriva.

“Patria non è parola leggera. Contiene in sé anche il mascheramento delle diseguaglianze, l’esercizio della violenza in difesa di interessi personali o di casta. Ma Patria è ciò che abbiamo, che siamo, presenza immateriale che giustifica l’essenza profonda dei popoli. Perché allora è così difficile pronunciare questa parola per la lingua italiana? A questa domanda sono dedicate le dieci canzoni dell’album.”

Se è vero che la musica scatena in ciascuno di noi emozioni diverse, ovviamente riconducibili alle proprie esperienze di vita e d’ascolto, è altrettanto vero che le parole di un musicista contribuiscono non poco a chiarire lo scopo di un progetto ed il processo mentale dal quale è scaturito.

Così risulta illuminante questa dichiarazione di Massimo Zamboni, chitarrista, scrittore, co-fondatore degli storici CCCP e C.S.I., per capire il cuore pulsante del suo nuovo album, La Mia Patria Attuale, appena uscito su Universal Music Italia.

Prodotto da Alessandro “Asso” Stefana, qui in veste anche di polistrumentista (chitarre, bouzouki, pianoforte, mellotron, organo…), il full-lenght arriva a più di dieci anni di distanza dall’ultimo progetto solista di Zamboni che per l’occasione ha chiamato a raccolta alcune vecchie conoscenze come Gigi Cavalli Cocchi, Simone Beneventi, Cristiano Roversi e Erik Montanari, già al suo fianco in altri progetti.

Il disco nasce nel periodo difficilissimo ed ancora non superato della pandemia mondiale che purtroppo non è riuscito a migliorarci ma anzi ci ha incattiviti a tal punto da dimenticare le cose importanti della vita acuendo in maniera esponenziale il nostro egoismo.

Dieci tracce intense e profonde tradotte in una forma canzone piuttosto classica, con testi di altissimo livello e la voce come principale mezzo di espressione, capaci di raccontare un Paese colpevole di non saper distinguere la propria Storia dall’oblio e di aver lasciato la parola “Patria” alle narrazioni intossicate e incattivite della propaganda.

Gli arpeggi acustici, scarni ed essenziali di Gli altri e il mare fanno spazio ad ampie aperture armoniche mentre la voce di Zamboni canta del Mediterraneo, culla di storia e di bellezza ma anche di sbarchi e traversate devastanti durante le quali probabilmente si chiede aiuto a Dio e lo si maledice quando nulla arriva se non la morte.

Nel primo singolo estratto, Canto degli sciagurati, brano ricco di percussioni di chiaro stampo folk, le invocazioni agli Dei vanno di pari passo con uno sprone alla rivolta, è il racconto di “una storia che precorre i secoli che sempre si ripresenta e sempre pare concludersi in chiave tragica, quella delle mille rivolte del passato e del futuro eternamente stroncate sul nascere” scrive Zamboni, il video a corredo, rigorosamente in bianco e nero, fotografa in maniera perfetta ogni parola scandita, splendido il finale dove si vede una mano intenta a stringere un pugno di terra come metafora sublime di un necessario ritorno alle origini.

 

Se Ora ancora dichiara senza mezzi termini l’incapacità di accettare la triste rassegnazione dovuta alla ciclicità del quotidiano, le chitarre elettriche minimali e l’incedere distorto a tratti funereo de Italia chi amò, riportano alla mente gli antichi fasti di CCCP e C.S.I. mentre il cantato solenne mette alla berlina quei “farabutti senza pudore che si battono la mano sul petto gonfio proclamando la propria disponibilità alla morte per la salvezza del Paese” ed al contempo baciano crocifissi e santificano la prole.

Le denunce continuano ne Il nemico che disegna la storia di quanti per tener saldo il potere inventano ogni giorno un nemico diverso sbraitando di migranti e malattie  e ne La mia Patria attuale, brano-manifesto, la storia di tanti uomini e donne costretti a salvaguardarsi dalla loro stessa patria “onesta per metà e per metà per male, Paese che nel cambio resta uguale”.

Tra Guccini e Pietrangeli giunge soave Tira ovunque un’aria sconsolata, nella quale si prefigura un futuro di speranza dopo la tempesta, quando tutti ci chiederemo: come abbiamo potuto diventare nemici gli uni degli altri? “…ma verrà il tempo che germina il grano, s’aprirà un solco sui volti infelici, verrà quel tempo e ci sembrerà strano di essere stati l’un l’altro feroci”.

Ed ancora l’accettazione dei nostri limiti descritta in Nove ore, lo sguardo desolato verso le macerie di un mondo che non esiste più di Fermamente collettivamente e la sostanziale irreversibilità del nostro universo visto attraverso lo sguardo di bambini e anziani ne Il modo emiliano di portare il pianto.

La mia patria attuale è un j’accuse affilato e pungente rivolto ad un Paese, il nostro, che dimenticando le proprie radici si è lasciato alle spalle perfino i buoni sentimenti, un paese nel quale l’odio, la diffidenza e la chiusura in noi stessi sono divenuti gli unici punti di incontro dimenticando valori imprescindibili come la solidarietà, il sostegno reciproco,  la condivisione.

Che si ami o meno un certo tipo di sonorità, quasi del tutto scarnificata a favore dei testi e del cantato gentile, non si può non condividere l’idealistico progetto di Zamboni, uomo illuminato ed in costante evoluzione critica, artistica e spirituale.

Sito di Massimo Zamboni

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