Luca Carocci: recensione di Serenata Per Chi è Nervoso

Luca Carocci dà continuità alla sua scrittura essenziale, omogenea, fresca e dal taglio country-folk acustico, abbracciando atmosfere intime, trasognate, malinconiche e un po' retrò.

Luca Carocci

Serenata Per Chi è Nervoso

(FioriRari)

canzone d’autore, folk, country, folk etnico

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luca carocci recensione serenataA distanza di cinque anni dal precedente Missili e Somari e a sette dall’esordio con Giovani Eroi, è uscito Serenata Per Chi è Nervoso, il terzo album del cantautore folk romano Luca Carocci, edito per l’etichetta FioriRari, prodotto dallo stesso Carocci e anticipato dall’uscita del video del singolo Ogni Volta Che Dormo Da Sveglio.

In questo nuovo capitolo discografico (che vede la partecipazione di ospiti d’eccezione quali Roberto Angelini, José Ramon Caraballo Armas, Andrea Ruggiero, Ilaria Graziano e Alessandro Pieravanti), Luca Carocci dà continuità alla sua scrittura essenziale, omogenea, fresca e dal taglio country-folk acustico, mantenendo intatto il suo carattere identitario, pur marcando quel tradizionale perimetro cantautorale ascrivibile al primissimo De Gregori.

Con Serenata Per Chi È Nervoso, Luca Carocci abbraccia atmosfere intime, trasognate, malinconiche e un po’ retrò, che enfatizza, in alcuni momenti dell’opera, servendosi di una sezione d’archi a fare da raccordo emotivo tra l’agrodolce disillusione dei testi, la tempra umbratile di tematiche ironiche e riflessive, l’amarezza dei rimpianti, il nastro dei ricordi e la svagata leggerezza di luccicanti sonorità rurali e contaminazioni etniche e mediterranee dal ritmo latineggiante.

Otto tracce con cui il folksinger capitolino, cospargendosi di un insano ottimismo e specchiandosi in un malcelato narcisismo, mette in rilievo quella che è la rappresentazione teatrale della quotidianità: ci adattiamo alle parti che interpretiamo, al conformismo, ai luoghi comuni sempre troppo affollati, alla solitudine umorale di quei posti a metà tra città e provincia, come se indossassimo maschere per mettere gli altri a loro agio, e di conseguenza noi stessi, rimanendo, così, intrappolati nelle nostre stanze mentali, nelle contorte dinamiche di quel successo e consenso, reale o virtuale, da inseguire ad ogni costo.

 

Luca Carocci, attraverso le sue canzoni, va, dunque, alla ricerca di un qualcosa che, nonostante possa sembrare una missione utopica e rischiando di inciampare sul basso gradino della retorica, profumi di pace interiore, che rifletta seriamente sul peso delle nostre azioni e sulla necessità di ritrovare la nostra vera essenza, mettendo al centro del progetto la possibilità di rintracciare un significato nei segni della pelle, nei piccoli gesti, nella semplicità delle cose, nel potere salvifico dell’arte e delle diversità, fino ad abbandonarsi a sé stessi, bastando a sé stessi, e vedere cosa rimane delle delusioni, degli arrivi e delle partenze, del tempo trascorso e svanito come nuvole di fumo passivo, degli sbagli che aiutano a crescere e dell’immobilismo introspettivo e relazionale, al netto di chi ha seminato senza raccogliere nulla e di chi, invece, non ha mai rinunciato a puntare l’orizzonte nonostante i vènti contrari, anche nel buio delle giornate più corte.

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