Leland Did It: recensione di Hotel Moderno

I Leland Did It e il loro nuovo album Hotel Moderno: 50 sfumature di nero tra l'analogico e il sintetico. 50 e una più bella dell'altra.

Leland Did It

Hotel Moderno

(Dischi Uappissimi)

alternative-rock, electronica, industrial, synthwave, indie-electronic

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Hotel Moderno dei Leland Did It dimostra che contrariamente al trend degli ultimi anni, un disco va sentito per intero. Sì. E’ così e questo disco lo dimostra in barba al monopolio Playlist-it-ico di Spotify e simili. Un sistema che mira al mercato dei singoli (di genere e maniera) che guidano gli ascoltatori dentro bolle contenenti altri singoli (molto vicini in genere e maniera al primo che si voleva ascoltare) e così via in un loop infinito. Un circolo che porta a fare playlist con dentro pezzi tutti uguali e a credere che la musica del momento sia solo ed esattamente quella che si vuole ascoltare.

E invece no. Ancora oggi, se una band organizza la sua produzione sotto forma di Album e se la band è valida e ha buone idee, allora l’Album va ascoltato per intero.

Passo indietro. Ho approcciato a questo disco senza conoscere assolutamente nulla della band e avendo letto di corsa (e male) poche righe del comunicato stampa. Sapevo solo che erano Italiani e che facevano una sorta di Alternative.

At Any Price apre il disco e mi prende un mezzo coccolone. Penso che dovrò ascoltare una trentina di minuti di musica che in qualche modo mi ricorda gli Strokes (apprezzati ma non propriamente in cima alle mie preferenze musicali). Errore madornale.

Spoiled abbatte subito le pareti del garage (e del mio giudizio affrettato) dove credevo di essere e mi ritrovo dentro un palazzo abbandonato con i Chemical Brothers (curioso che il video a supporto del singolo sia girato esattamente con questa ambientazione….).

Still, il terzo pezzo, non fa altro che attizzare ancora di più la mia curiosità (la transizione intorno ai 2 minuti con tutta una serie di accordi sospesi e dissonanti è una chicca nelle chicca), ma è con Submissive che hanno la mia totale attenzione. Un gioiello tanto carico di eros sonoro, quanto oscuro nel mood che alla fine trasmette. Un beat elettronico lento, morboso e incessante con tanti innesti di buona vecchia chitarra analogica. E voce (tanta, bella e che interpreta) anch’essa analogica per eccellenza.

Il disco prosegue mescolando ancora a dovere questi due mondi così lontani (uno booleano, l’altro tutto fatto di sfumature) fino a 260: la settima traccia dal titolo più criptico del disco, contende il titolo di traccia più bella proprio a Submissive.

Insomma per riassumere mezz’ora o giù di lì, di un disco che è davvero un gioiello, per scrittura, varietà di suoni e trasversalità di generi. Dopo una decina di ascolti ha trovato una collocazione più precisa anche per il pezzo di apertura (che avevo frettolosamente bollato) e Lonesome Song che chiude il lavoro. A tal riguardo, mi piace pensare che i due pezzi più “suonati” e analogici del disco, lo aprono e lo chiudono, come a significare che quello che ho appena ascoltato, era solo un sogno oscuro o un lucido incubo.

Potrei entrare nel merito di somiglianze, paragoni e influenze (che pure si apprezzano e si riconoscono tutte), ma non avrebbe senso perché questo Album non fallisce la prova più importante di tutte. L’originalità. Per questo è inutile portare termini di confronto. Nulla che possa dirvi a riguardo potrà prepararvi all’ascolto: somiglia a tante cose ma suona in un modo unico. Il loro.

Per sapere dovete ascoltare.

 

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