Intervista a Antonio Aiazzi (Linea Gialla)

Antonio Aiazzi è un pezzo importante della storia della musica italiana. Le sue tastiere sono state fondamentali per l’ascesa dei Litfiba. Oggi è impegnato nel progetto Linea Gialla.

Antonio Aiazzi è un pezzo importante della storia della musica italiana. Le sue tastiere, il suo tocco di classe, le sue idee geniali sono state fondamentali per l’ascesa dei Litfiba che negli anni ottanta diedero alla luce tre dischi imperdibili come Desaparecido, 17 Re e Litfiba 3 che dovrebbero davvero essere conosciuti come l’Ave Maria da chiunque ami il rock tricolore e non solo.

Oggi Aiazzi si divide tra tante attività, ma la musica rimane una parte fondamentale della sua vita. Ed infatti nel 2019 per la Contempo Records è stato pubblicato Linea Gialla, il suo disco solista tutto strumentale. Un lavoro raffinato, di classe e di qualità che presenta delle soluzioni sonore mai banali, ma di assoluto livello, in sintonia con lo spessore artistico del musicista in questione. Dalla composizione di Linea Gialla parte questa lunga chiacchierata con il tastierista toscano.

RS: Come nasce Linea Gialla?

AIAZZI: E’ stato un puzzle che si è costruito da solo. Avevo voglia di fare musica, anche se va detto che io compongo in continuazione. Ho un hard disk pieno di roba dove raccolgo tutte le mie idee. Ad esempio anche il treno è un ottimo posto dove poter comporre musica. Alla fine del 2017, quando stavo finendo il tour di ‘Nulla E’ Andato Perso’ con Gianni Maroccolo, ho iniziato a pensare seriamente ad un mio lavoro. Poi da come fare un disco a come deve, invece, suonare c’è davvero un oceano di distanza. Oggi posso tranquillamente dire che farei un qualcosa di diverso da Linea Gialla. All’epoca, invece, avevo voglia di fare un tipo di disco con quelle sonorità. Poi si verificarono una serie di cose che mi hanno portato a questo. Per me questo lavoro è stato come avere a portata di mano una serie di lampadine che si sono prima accese e poi si sono collegate tra di loro attraverso un chiaro senso logico. Ho raccattato nel corso del tempo dei suoni per le strade di Firenze. Poi avevo in testa delle sonorità che mi ricordavano la mia infanzia. In pratica avevo in testa dei luoghi, dei suoni e dei rumori che per me erano importanti. Andavo in giro con il telefonino e registravo questi suoni. Per esempio, il suono dei tamburi del calcio in costume fiorentino è un qualcosa a cui sono legato dall’infanzia. Se vogliamo usare una metafora è stato come risentire un particolare odore che mi ha riportato a qualcuno, a qualcosa od a qualche luogo a cui ero legato nel passato. Riscoprire dei suoni è stato fondamentale per poi fare questa scommessa. E’ stato un gioco non facile poi mettere tutto questo in musica.

RS: Dai tanti ascolti traspare un senso di tranquillità che la tua musica regala all’interno delle tracce presenti. Hai avuto modo di percepire questa sensazione riascoltando il lavoro dopo la sua uscita? 

AIAZZI: Se all’ascoltatore il disco ha prodotto questo senso di tranquillità sono contento. Io penso che dopo che realizzi un disco, devi, per forza di cose, smetterlo di ascoltarlo, altrimenti inizi ad odiarlo. E’ un processo quasi naturale. Lo hai pensato, lo hai composto, lo hai suonato, lo hai masterizzato e poi alla fine devi smetterlo di ascoltarlo. Quando un lavoro esce e lo dai alle persone il tuo senso di intimità è come se diventasse pubblico. Quindi quel disco è come se incominciasse ad avere una fase ascendente nel tuo gradimento personale. Ho fatto anche una serie di date in seguito all’uscita di Linea Gialla con Simone Filippi degli Ustmamò alla batteria e Luca Fucci ai sintetizzatori e devo dire che durante i concerti mi sono divertito parecchio. Chiaramente dal vivo tutto si trasforma e nel complesso riprodurre un tuo lavoro live ti porta a delle situazioni ed a delle sensazioni diverse.

RS: Essendo un disco strumentale due sono le curiosità che vengono fuori. Hai mai pensato che questa musica potesse andare bene per una band. Inoltre hai mai ritenuto che fosse possibile inserire delle parti cantate all’interno delle tante melodie che ci sono. O forse il cantato avrebbe ‘rovinato’ la poesia del suono che ne è venuta fuori?

AIAZZI: Sinceramente è un qualcosa a cui non ho mai pensato. A pensarci bene non vorrei nemmeno che la musica del disco possa essere utilizzata in altro modo. La musica scritta in Linea Gialla è nata in un determinato modo e poi a me non piace il termine riutilizzare. Pensare che una piccola parte di musica possa trasformarsi in un vero e proprio brano, inteso nel senso classico del termine, non l’ho mai pensato.

RS: Firenze è la città da cui hai preso voci, rumori e suoni che sono parte integrante di questo lavoro. Che rapporto hai con la tua città e soprattutto il quesito è se l’hai vista cambiata in meglio o in peggio negli ultimi quarant’anni?

AIAZZI: Firenze l’ho vissuta negli anni 80. Era tipo New York o Berlino ed era davvero molto stimolante. La città è chiaramente cambiata rispetto a quegli anni. E’ finito il tempo dove si poteva fare qualsiasi cosa e si è persa quella spinta che si percepiva realmente quando abbiamo iniziato a suonare con i Litfiba. Attualmente le cose sono diventate più istituzionali. Diciamo che il fervore giovanile di quei tempi, caratterizzato dalle onde prima punk e poi new wave e dark non c’è chiaramente più. All’epoca c’era tanto fervore. Oggi Firenze è una città turistica invasa da turisti e studenti universitari. Non esiste una movida dove si va a ricercare espressioni culturali e musicali. La musica live, in tutto questo, soffre tantissimo e non è più una cosa che interessa. A Firenze ci sono ancora quattro locali dove si fa musica ed un paio di etichette discografiche molto valide che si danno da fare. Coloro che fanno queste cose sono, però, sempre persone figlie degli anni 80. Del resto, dalle ultime generazioni a livello musicale è uscito poco da Firenze.

RS: Linea Gialla sarà un unicum oppure hai già pensato a qualcosa d’altro simile o hai in testa nuove sfide per quanto riguarda la tua produzione?

AIAZZI: Qualche tempo fa ho aggiunto un’idea musicale sulla mia pagina facebook di un brano che poteva essere una bozza. L’ho chiamato Controtempo e lo si può ascoltare tranquillamente su youtube o sulla mia pagina facebook Il Marchese Antonio Aiazzi. Questa canzone è nata in modo particolare. Ero in Germania e vicino all’albergo in cui alloggiavo si trova un mulino ad acqua. Quando sono andato a visitarlo mi sono reso conto che questo mulino produceva dei suoni meravigliosi. Allora ho chiesto se potevo realizzare un video e mi è stato concesso di farlo. Nel video si sentono i rumori che questo mulino produce. Quel pezzo poteva essere l’inizio di un nuovo percorso. Poi sono stato preso da altre cose e quindi in questo caso non sto pensando ad un nuovo progetto. La musica, comunque, per me è una questione anche fisica. Poi anche se rimane solo per me va benissimo lo stesso.

RS: Da quando hai iniziato come è cambiato il ruolo della tastiera nel rock? Negli anni 80 aveva un ruolo definito e preponderante, poi nei novanta c’è stato un grande ritorno delle chitarre se si pensa a fenomeni come il grunge o il brit pop. Ora la salute delle tastiere e di voi tastieristi come è?

AIAZZI: Diciamo che abbiamo ascoltato così tanto e di tutto, che io mi allerto quando sento qualcosa che mi stupisce. Questo non vuole dire che bisogna ricercare cose e suoni nuovi. Potrebbe essere un mix di suoni che siano qualcosa di diverso a darti delle emozioni. A questo punto qui anche un suono neutro di un piano potrebbe essere particolare. Sono molto attratto da questo tipo di soluzioni ed è quello che più mi attira. Oggi mi sembra evidente come non ci stia un suono predominante. Anche il suono delle chitarre è molto pulito rispetto al passato. Non mi sembra che ci siano cose nuove che facciano tendenza. Ci sono in giro, invece, dei bei mix sonori.

RS: Qurant’anni di carriera sono tanti. Se dovessi fare un bilancio, il bicchiere sarebbe mezzo pieno, mezzo vuoto, pienissimo oppure…

AIAZZI: Se il discorso riguarda la mia vita devo dire che è stata fantastica. Mi fanno compagnia le cose fatte con i Litfiba negli anni 80. Ancora oggi mi stupisco di certe cose che abbiamo prodotto e realizzato. Sono molto affezionato a quanto fatto e c’è un ottimo rapporto tra di noi. Grazie alla musica ho visitato tantissimi posti ed ho conosciuto persone incredibili. Mi ritengo fortunato ad aver conosciuto gente che non avrei mai incontrato senza la musica. Devo dire che negli anni ci sono state anche cose brutte, come perdere per strada qualche amico. Ma se sommi insieme il tutto, il risultato che ne viene fuori è che ho avuto la fortuna di avere vissuto cose meravigliose. Tutto questo è stato impagabile. Inoltre devo dire che l’alchimia musicale che c’era tra di noi Litfiba era incredibile. C’era un’intesa davvero forte con tutti e penso che tutto questo sia stato semplicemente un qualcosa di unico ed irripetibile.

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