Indica: intervista e recensione di A Way Away

In occasione della promozione del loro primo album in inglese, A Way Away, Rockshock ha incontrato tre quinti delle finlandesi Indica con cui abbiamo parlato del nuovo disco e non solo

Nate nella fredda Finlandia nel 2001, le Indica hanno alle spalle quattro dischi e una compilation (tutti in finlandese) oltre a un’ intensa attività live, tra cui due tour a supporto dei Nightwish. La primavera del 2010 segna la loro partenza alla conquista dell’Europa con  A Way Away, un album che riprende, rivisitandoli, alcuni dei loro successi, questa volta cantati in inglese.

Incontriamo Jonsu, Sirkku e Jenny (rispettivamente vocalist, tastierista e chitarrista della band), a Roma, davanti a una tazza di tè fumante, alla vigilia di un loro show in Germania. Sono dolcissime e l’entusiasmo per quello che fanno è palpabile.

Rockshock. Perché avete deciso di pubblicare un album in inglese, e perché avete scelto di utilizzare testi in finlandese per i vostri primi album?

Indica. (Jonsu) Quando abbiamo iniziato scrivevamo canzoni sia in inglese sia in finlandese, poi per il primo album abbiamo capito di dover fare una scelta e il finlandese è stata quella più naturale. Più tardi, dopo cinque album, ci siamo rese conto di aver suonato in ogni angolo della Finlandia così tante volte che abbiamo pensato che avere l’opportunità di uscire dai suoi confini sarebbe stato interessante. Inoltre, avendo ricevuto un certo interesse dall’estero, la nostra casa discografica ci ha chiesto di scrivere qualcosa in inglese. (Sirkku) Abbiamo anche diversi fan in Europa che ci hanno chiesto di registrare qualcosa in inglese affinché potessero capire anche i nostri album finlandesi. (Jonsu) E poi non possiamo pretendere che tutti imparino il finlandese perché anche se è un paese molto importante, la Finlandia è anche molto piccola.

Rockshock. E come è stato tradurre le vostre canzoni? Suonano in modo simile per voi?

Indica. (Jonsu) No, ed è stata anche una sfida interessante, perché il tipo di musica è completamente nuovo, il ritmo della lingua inglese è completamente diverso dal fluire della nostra lingua; è tutto diverso, non lo si può suonare allo stesso modo. Pur mantenendo suggestioni e atmosfere delle Indica, abbiamo dovuto riscrivere completamente e riarrangiare i pezzi e alcuni di loro suonano in modo completamente diverso rispetto all’originale.

Rockshock. In un certo senso avete dato loro una forma completamente nuova?

Indica. (Sirkku) Si, le canzoni dell’ultimo album provengono da un po’ tutti gli album precedenti, abbiamo fatto molte cose nuove, suonato tutto di nuovo, cambiato degli arrangiamenti…(Jenny)…inserito delle parti strumentali… (Sirkku) Ci sono canzoni del 2004, dunque spero che nel frattempo ci siamo evolute un po’ come artiste. (Jonsu) Anche se sono tutti vecchi brani, questo è l’album su cui abbiamo speso più tempo, lo abbiamo registrato in cinque studi diversi, in Inghilterra e Finlandia, è stato un processo molto lungo ma ne è valsa certamente la pena. (Jenny) E penso sia l’album in cui ciascuna di noi possa dire di aver dato veramente il meglio di se stessa.

Rockshock. Quali sono le principali fonti di ispirazione o le influenze nel vostro scrivere e suonare?

Indica. (Jonsu) Quando scrivo musica mi ispiro molto alla Finlandia, al suo essere molto vicina alla natura, che è un aspetto molto importante. Sono anche ispirata da immagini; quando scrivo, più che dire: “Ok, prendo un po’ di questo e un po’ di quello da stili musicali diversi”, mi siedo al piano, suono qualcosa e trovo le melodie che trovo più attraenti o che mi toccano maggiormente. E noi tutte ci ispiriamo alle band che ci piacciono: (Jenny e Jonsu) Muse, The Ark, Queen, Cranberries, Jefferson Airplane, The Doors. (Jonsu) Come compositrice mi influenza molto anche la musica classica, come Chopin, Sibelius, Liszt; noi tutte abbiamo suonato musica classica. Siamo anche fan di musica per i film e di colonne sonore. Ci sono dei grandi compositori in Italia come Angelo Badalamenti e Ennio Morricone.

Rockshock. Ascoltando un paio di pezzi del vostro album, in particolare Children Of Frost, ho pensato che sarebbero perfetti per un film di Tim Burton.

Indica. (Jonsu) Adoro Tim Burton, sarei felicissima di comporre per un suo film. E comunque sarebbe bello lavorare con un regista. Specialmente Tim Burton, che è fantastico (ridendo). Spero proprio che legga questa intervista.

Rockshock. Ci sono anche fonti di ispirazione letterarie nell’album? Magari di autori finlandesi?

Indica. (Jonsu)In Lilja’s Lament ci sono parecchi personaggi della letteratura, e comunque noi tutte amiamo molto i libri. Tra i miei preferiti “Cime Tempestose” e “Il Ritratto Di Dorian Gray”. Nel bus ci scambiamo sempre i libri; in viaggio spesso si ha molto tempo per leggere. E parlare e ballare sui tavoli (ridono). (Jenny) Tra gli autori finlandesi, abbiamo in comune l’interesse per Mika Waltari. A me sono sempre piaciute le fiabe, come quelle quasi paurose dei fratelli Grimm. E i Mumin di Tove Jansson.

Rockshock. Qui da noi i gruppi rock e metal finlandesi sono piuttosto conosciuti. Voi che rapporto avete con la scena musicale finlandese?

Indica. (Jenny) La più vicina al metal nella nostra band è Laura, la batterista. Lei ascolta molto metal, io preferisco il rock. Penso che abbiamo comunque in comune il discorso sulla natura, e una specie di malinconia. (Jonsu) Si, ho ascoltato molte volta questa cosa sulla malinconia della musica finlandese, che è uno dei suoi aspetti più oscuri.

Rockshock. Avete suonato in due tour con i Nightwish, e Tuomas Holopainen ha prodotto dei vostri dischi. Potete dirci qualcosa sul vostro rapporto con i Nightwish?

Indica. (Jonsu) Si, Tuomas ha prodotto anche il nostro ultimo album. E’ una collaborazione iniziata a Helsinki. Tuomas venne a uno dei nostri concerti, e dopo lo show ci disse che era un fan delle Indica sin dall’inizio, e mi chiese di cantare in uno dei brani dei Nightwish: è così che ha conosciuto la band. Poi siamo state coinvolte nel tour scandinavo dei Nightwish. E una volta, saranno state le quattro del mattino, quando di solito ce ne stavamo nei pub a condividere idee e a parlare di musica; non ricordo più di chi sia stata l’idea che Tuomas potesse produrre un nostro album, ma siamo stati subito tutti d’accordo, anche il mattino successivo. Abbiamo una sorta di chimica tra noi, siamo tutti devoti alle nostre band, uno dei motivi per cui è stato anche co-produttore di A Way Away. E’ un musicista di grande talento e una gran persona con cui lavorare.

Rockshock. Perché una lineup di sole donne? E’ stata una decisione a tavolino o è semplicemente capitato?

Indica. (Sirkku) Ognuna di noi ha suonato in altre band in cui c’erano anche ragazzi. Ma non è stata una scelta il fatto di essere tutte donne, è solo accaduto. Avevamo tutte gli stessi obiettivi e gli stessi sogni e potevamo esercitarci molto, e abbiamo avuto l’opportunità di poterlo fare insieme. (Jonsu) E’ stata una cosa fantastica trovare il gruppo perfetto. Ciascuna di noi ha lavorato con molti musicisti diversi, e molto spesso trovi persone con un grande talento ma che non sono pronte a dare la loro vita alla musica, perché è questo ciò che significa questo lavoro. Anzi, non chiamerei la musica un lavoro ma uno stile di vita, che dà più l’idea delle 24 ore su 24 , sette giorni su sette. (Jenny) Ed è stato così da quando avevamo otto anni…(Jonsu) Noi andiamo molto d’accordo e ci vogliamo bene. E la band non funzionerebbe senza l’ottimo rapporto che c’è tra noi. E, no, non c’è alcuna idea di “girl power” dietro il nostro essere tutte donne.

Rockshock. Avete in programma dei concerti: quali sono i vostri progetti nell’ immediato futuro?

Indica. (Jenny) Si, domani suoneremo a Lipsia, poi torneremo in Finlandia per un paio di date e show televisivi, poi a Parigi e di nuovo in Finlandia per uno show alla radio. L’album verrà pubblicato in Finlandia un paio di settimane prima che in Europa. (Jonsu) E poi saremo al Rock Am Ring e al Rock Im Park, due dei festival più grandi d’Europa. Il futuro a breve termine prevede molti concerti e molta promozione. Il tour vero e proprio sarà però in autunno, vedremo nuovi luoghi e persone, è eccitante. E’ un periodo molto intenso per la band, quasi un nuovo inizio. Mi ricordo di aver sentito una nostra canzone alla radio nell’aeroporto di Francoforte, ed ero così stupita, proprio come succedeva in Finlandia anni fa.

Rockshock. Cosa amate di più di questa vita, cosa meno?

Indica. (Jonsu) Dei tour amo la libertà che hai di vedere città, incontrare gente, fare il turista. (Sirkku) Si, esplorare le città. In questa settimana abbiamo visto Milano, Bologna e ora Roma; abbiamo visto molte cose, dunque. E una delle cose più belle è incontrare la gente dei luoghi che vistiamo, persone diverse. (Jonsu) E inoltre trovarsi davanti a un nuovo pubblico è sempre elettrizzante, è una sfida nuova. Quando trovi il giusto feeling pubblico e band diventano una cosa sola, ed è qualcosa di grande, un sentimento di estasi nella musica. (Jenny) Stare sul palco, penso sia il lato migliore della questione. Amo stare sul palco. (Jonsu) Nei momenti migliori è come un’estasi collettiva, si può stabilire un legame molto forte col pubblico. E’ magnifico. E questo nella storia è stato uno degli aspetti più importanti della musica, essere una collettività, condividere emozioni. I tour sono sicuramente la parte migliore…la peggiore…mmm, ci prendono sempre in giro perché adoriamo stare in tour. Ci dicono: “ne riparliamo alla fine”. Ma in realtà finora non sono mai stata stanca di suonare in tour. Sto cercando di pensare a degli aspetti negativi… (Jenny) …quando il tour finisce! (Sirkku) Si, l’ultimo giorno è proprio brutto. Quando sei abituata a viaggiare e a dormire sul bus o in albergo con le altre ragazze, e poi torni a casa e sei da sola e ti senti così vuota. (Jonsu) Durante il tour con Nightwish e Pain condividevamo il bus con tredici persone; ti abitui ai rumori, al russare durante la notte, all’autobus che si muove e sobbalza. Il vuoto è terribile; la stessa sera in cui torniamo a casa cominciamo a mandarci messaggi: “Cosa facciamo stasera? Dobbiamo, dobbiamo vederci!”. L’unica cosa brutta del viaggiare, della promozione è che a volte si vive per molti giorni con pochissime ore di sonno. Sai, siamo ragazze, a volte diventiamo molto irritabili e stanche.

Rockshock. Pensate di suonare delle vostre canzoni in finlandese nel vostro tour europeo? E, parallelamente, pensate di scrivere altro materiale in inglese?

Indica. (Jonsu e Jenny) Non lo so, forse potremmo pensare di fare qualcosa di speciale in finlandese all’interno del tour. E si, pensiamo che il nostro prossimo album potrà essere di nuovo materiale in inglese, anche se dobbiamo ancora parlarne, ora siamo assorbite da questo album, a luglio forse ne riparleremo.

Rockshock. Da cosa deriva il nome Indica?

Indica. (Sirkku) Non è una parola finlandese, non significa nulla nella nostra lingua. (Jonsu) E non ha a che fare con la cannabis, come pensano molti; quando abbiamo fondato la band non sapevamo che il nome potesse essere associato alla cannabis indica. Un giorno ce ne stavamo a guardare il cielo, sognanti, a pensare al nome della band e a come i nomi migliori fossero già stati usati. Era una brutta giornata e il colore del cielo era vicino all’indaco. E Indica fu.

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Indica

A Way Away

(Cd, Nuclear Blast)

pop, rock

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Le Indica sono una band finlandese molto popolare in patria, un po’ meno nel resto del mondo, anche perché i loro dischi sono stati finora integralmente in finlandese e la loro attività è stata concentrata per lo più sulla scena nazionale e scandinava.

Con A Way Away, il quintetto tenta il salto su scala europea, e vista la qualità dell’album, la probabilità che riescano ad ampliare il loro seguito è molto alta.

L’album conta dieci tracce di pop rock accattivante e mai banale, che unisce atmosfere vagamente gotiche a ritornelli orecchiabili, e a un qualcosa che si identifica subito come scandinavo, e che inoltre svela la formazione classica delle cinque musiciste.

Tracce che sono reinvenzioni in lingua inglese di pezzi già pubblicati, alcuni già nel 2004, come quello che è diventato il rapido e graffiante Scissors, Paper, Rock e, agli antipodi, il sognante, ispirato e quasi fatato Eerie Eden.

L’aspetto più interessante dell’album è proprio in quei brani – la maggior parte, in verità – dalle atmosfere malinconiche e dolci, sospese e taglienti. In questo filone si inseriscono Children Of Frost, con la sua definita atmosfera da fiaba scura, che mi ha fatto venire in mente un po’ i film di Tim Burton, un po’ i primi Cranberries; il più drammatico e sofferente A Way Away, in cui tutto sembra piangere; il dolce e avvolgente Lilja’s Lament, che ha un efficace testo affollato di personaggi libreschi.

A lasciarmi perplessa solo lo schema molto più convenzionale dei primi due singoli (Straight And Arrow, un pop a ritmo sostenuto e quasi concitato, e la triste ballata In Passing), ampiamente riscattati dal resto dell’album.

http://www.myspace.com/theindicaband

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