Geographer: recensione di A Mirror Brightly

Con il nuovo album A Mirror Brightly, il cantautore Michael Deni, aka Geographer, prosegue sull'enfasi compositiva e nostalgica di quei suoni synth-pop e dream-folk che arrivano dritti dagli anni 80.

Geographer

A Mirror Brightly

(Nettwerk)

indie-pop, new romantic, synth wave, dream folk

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Geographer A Mirror BrightlyA tre anni di distanza dal precedente disco Down and Out in The Garden Of Early Delights, il cantautore Michael Deni – in arte Geographer – manda alle stampe il suo quinto lavoro in studio intitolato A Mirror Brightly, edito per Nettwerk e anticipato dall’uscita dei singoli The Burning Handle, Van Halen e I Don’t Remember It Starting.

In questo nuovo capitolo discografico, raccolto in quattordici brani dal forte accento melodico-retrò, il musicista statunitense prosegue sull’enfasi compositiva, e nostalgica, di quei suoni synth-pop e dream-folk che arrivano dritti dagli anni 80, con la leggerezza morbida e avvolgente di quelle atmosfere che hanno contraddistinto la cosiddetta scena “new romantics” degli anni 80.

Una tracklist carica di pathos e trame epidermiche, che Geographer maneggia con maturità autorale e una certa inclinazione verso la radiofonia FM, riuscendo a coniugare l’effervescente malinconia dei The War On Drugs e The Killers (vedi il pulsante approccio dancefloor di A Light In The Dark), il romanticismo sweet-dream di Annie Lennox e luccicanti riverberi di elettronica soft (I Don’t Remember It Starting) che sembrano andare in direzione quasi urban, a cui si aggiunge una delicatezza vocale dal timbro morbido e suadente.

“Il titolo dell’album si riferisce alle luci del telefono che brillano nei nostri occhi, rendendoci ciechi, oscurando le verità”, spiega Micheal Deni, palesando l’intento tematico di voler riflettere sul valore edonista ed effimero di certe luci – come quelle di uno smartphone – che troppo spesso distolgono l’attenzione da ciò che realmente ci circonda.

Geographer si serve, dunque, delle esperienze accumulate nel tempo e di una prospettiva agnostica per osservare e interpretare comportamenti e cambiamenti di una società sempre più intrappolata in tutto, dalla religione ai social media. Una sorta di analisi antropologica che mostra quanto sia necessario spingersi oltre i riflessi di un cuore solitario in cerca di risposte dall’altra parte dello specchio, per proiettarsi al plurale, attraverso l’elaborazione di traumi, inquietudini e contraddizioni che, in fondo, riguardano tutti noi.

In A Mirror Brightly, focalizzandosi sul modo di relazionarsi alle dinamiche del mondo moderno, dal sentirsi emarginato agli amori negati, passando per tutti quei piccoli conflitti interiori che influenzano la quotidianità, Geographer sottolinea la capacità con cui alimentiamo le nostre (fantasiose) convinzioni pur di dare un significato all’esistenza ed edulcorare l’amara percezione di ciò che siamo, come se fosse razionalmente possibile spiegare l’apparente fugacità e crudeltà della vita.

 

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