Don Antonio: recensione disco omonimo

L’album di debutto di Don Antonio è un viaggio alla scoperta di mondi che si intrecciano, un’istantanea in divenire di vita vera

Don Antonio

s/t

(Santeria/Audioglobe)

folk

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don antonio recensioneDopo aver trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita in studio di registrazione, lavorando a dischi di artisti nazionali e internazionali, componendo musiche per cinema, TV, spot e teatro, Antonio Gramentieri, in arte Don Antonio, pubblica il suo primo – ed omonimo – album solista. I suoi sono suoni che si possono trovare dappertutto, nelle gallerie come nei mercati, lungo le highways americane e fra le dune dei deserti. La sua musica è un percorso dalle infinite sfaccettature, che dà vita a 14 tracce tanto distanti le une dalle altre da lanciarci come palline di un flipper da un capo all’altro di un mondo al confine tra reale e irreale.

Don Antonio mette sul piatto sonorità che vengono da ogni angolo del pianeta, accompagnandoci per mano in un viaggio dentro e fuori di noi nel quale le parole non servono. Si parte da un immaginario nord americano con Sera, una preghiera laica sul senso intimo degli addii sotto forma di spot e si continua con Oh la la, un’idea jazz per non jazzisti. Da qui si prosegue verso oriente, nei bazar al confine tra Europa e Asia con Turco. Baballo ci riconduce per un paio di minuti a casa nostra, con un purificatorio twist che è un inno alla vita. Fra ninne nanne (Alma) e suggestioni folk sudamericane, rieccoci sulle nostre spiagge con un pizzico di California in Romagna (Sunset, Adriatico) e poi ancora in Messico (La Pulga), per riapprodare infine lungo le coste del nostro bel paese (Bakali e Adelita).

Nel suo disco d’esordio Don Antonio mixa tutte le influenze e le suggestioni che hanno popolato il suo immaginario musicale sotto ogni aspetto combinando storie, racconti, terre e popoli che sanno di vecchio e di nuovo, di noi e degli altri, di tutto e del contrario di tutto, nel tentativo di scrivere melodie semplici ma particolari, dirette e sincere che incarnano la poeticità della perfezione del mondo naturale e la materialità dell’essere umano in tutte le sue carnali contraddizioni.

 

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Simona Fusetta
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