Currents: la recensione di The Way It Ends

I Currents sono un gruppo che suona metal core molto intransigente, caratterizzato da sferzate di chitarre violente e taglienti come lame, cantato in growl e batteria industriale.

Currents

The Way It Ends

(Sharpotone Records)

metalcore

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currents-recensione-the-way-it-endsI Currents sono un gruppo che suona metal core molto intransigente, caratterizzato da sferzate di chitarre violente e taglienti come lame, cantato in growl e batteria industriale che ricorda da vicino quella dell’ex Fear Factory Raymond Herrera.

Dettate le coordinate, appare chiaro come questo The Way It Ends abbia dei principi scritti abbastanza facili da intuire.

Le canzoni sono durissime, con la band che omaggia Meshuggah e Fear Factory in modo abbastanza palese, dando pochissime concessioni all’aspetto melodico (Poverty Of Self).

In alcuni casi ci si abbandona in alternanze atmosferiche più tranquille, persi tra sonorità lente a cui fanno da contrasto momenti duri (Monsters), mentre in altre circostanze i suoni industriali la fanno da padrone (Kill The Ache).

Il disco scorre via senza grossi sussulti che facciano gridare al miracolo, dal momento che i Currents ripetono la formula all’eccesso, ma a differenza degli illustri colleghi succitati difettano nel cacciare dal sacco il brano che lasci il segno.

Let Me Leave, con le sue atmosfere sognanti, manca in sede di ritornello e stesso discorso può essere rivolto nei confronti di Origin che sa di ascoltato già altrove. In questo modo la band ci regala un senso di insoddisfazione, in quanto, pur avendo delle basi buone, non riesce a trovare quel guizzo che le consentirebbe di staccarsi da alcuni modelli, irraggiungibili per il momento, e di virare verso quella fondamentale ricerca di un’identità artistica più definita che ancora non appare scorgersi all’orizzonte.

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Francesco Brunale
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